La vicenda di Antonio Cassano, calciatore del Milan e della Nazionale, sembra chiarita nella sua innegabile ma controllabile drammaticità, anche se non può dirsi risolta, fra l’altro con proiezioni troppo ottimistiche sulla ripresa dell’ex ragazzo. Questo dopo che sono rimbalzate, come in un tragico match di ping-pong, le notizie una contro l’altra: e cioè ischemia cerebrale, macché, problema cardiaco, macché, chissà-cosa-c’è-sotto, boh. Ed ecco finalmente la chiarificazione che è anche l’accordo fra le ipotesi, il compromesso, il mix, fate voi. Ischemia cerebrale sì, cioè smarrimento dell’eloquio e dell’equilibrio, problema cardiaco sì, nel senso di foro fra i due ventricoli, altro niente, ci mancherebbe altro che ci fosse qualcosa d’altro, quello che si sa basta e avanza.
Riassumendo semplificando confrontando deducendo: lo scompenso cardiaco avrebbe causato l’ischemia, la quale ischemia (se cerebrale, mancato o ridotto afflusso di sangue al cervello: per i profani) sarebbe durata poco e non avrebbe lasciato lesioni, intanto che il foro è dichiarato rinchiudibile con un intervento chirurgico delicato ma non invasivo. La diagnosi esclude ogni collegamento fra l’accidente occorso a Cassano e il quasi contemporaneo problema oculistico di Rino Gattuso, altro calciatore rossonero. La diagnosi dei due malanni non esclude però, secondo noi, il collegamento con un pensierino sul Milan-Lab, il sofisticato e a suo tempo iperomaggiato sistema sanitario del club, per monitorizzazione e prevenzione e accertamento e terapia di malanni tipici dei preziosissimi bipedi calciatori.
La stessa diagnosi propone pure una considerazione di carattere statistico e non solo: due casi “spinti” come questi di Cassano e di Gattuso, all’interno di una “popolazione” ridottissima, cioè una trentina di atleti professionisti (la cosiddetta ‘rosa’), uomini giovani di teorica ottima salute, costantemente tenuti sotto osservazione anche per il capitale che rappresentano, mica soltanto per mandare in campo la formazione migliore, due casi così non sono una percentuale grave e greve? Proiettati in proporzione su un milione di individui giovani e a priori sani anzi ultrasani, farebbero gridare all’allarme. Tutto qui, ed è molto.
C’è chi è andato oltre e ha prospettato ipotesi di usura spinta degli attori tutti del calcio di vetrina, impegnatissimi e impossibili da allenare secondo le regole sacre e sante dell’affaticamento controllato, modulato, dei viaggi comodi, bene studiati, di alimentazione e preparazione tutte ad hoc. Sempre in chiave di fiducia, si capisce: perché nessuno del calciofili e dei calciologhi pensa che nel football ci siano pratiche occulte e pericolose, e chi, come noi, sostiene che gli sport senza scoperte e allarmi e pene concernenti il doping sono quelli che non praticano un valido controllo antidoping, rischia di passare per disfattista pericoloso, ben che vada per pover’uomo pazzo d’amore cieco per il ciclismo, che quanto a rapporto col doping è – si sa - sport brutto e cattivo, massacrato da controlli, scoperte, sentenze.
Tutti vicini a Cassano comunque, il quale, come se fosse presago di qualcosa, poco tempo fa aveva prospettato per sé stesso stressato un piano di prepensionamento intorno ai trent’anni, dicendosi stanco del calcio, scoprendosi papà felice fra le mura di casa e magari sapendosi ormai definitivamente ricco per permettersi certe scelte. Non si parli però facilonescamente di chirurgia miracolosa e di pochi mesi per un ritorno in campo, di fronte alla svolta della vita. Tutti vicini a lui e vicini a Cesare Prandelli, il citì azzurro che per Cassano ha fatto forse più di Bari, Roma, Real Madrid, Sampdoria e Milan messi insieme (abbiamo elencato i club dell’ex enfant prodige), dandolo alla Nazionale ma in un certo senso dandogli la Nazionale. Si è qualificato, Prandelli, per le finali europee del 2012 con una squadra “contro” il campionato italiano, usando appunto il discusso Cassano, usando Giuseppe Rossi che appartiene al calcio spagnolo e che adesso deve “risalire” da un gravissimo incidente (e il tempo è poco), usando Balotelli che nel Manchester City finalmente gioca, segna, riesce persino a essere uomo decisivo di partite importanti, rispetta tutti o quasi, si e ci concede piccoli sorrisi. E usando uomini discussi nelle loro squadre italiane di club.
Il tutto mentre in Italia non si scorgono proprio talenti prossimi venturi, si gioca male, si fanno pochi gol, il calcio nostro rischia nelle Coppe europee (il Napoli, soprattutto), l’Inter invecchia a vista, il Milan ha pure il problema dell’infortunio a Boateng, l’Udinese è troppo Di Natale, e insomma la Juventus, facendo pochi punti più delle due ultime stagioni, quando stava in crisi fissa, comincia a pensare di poter vincere lo scudetto.
Riassumendo semplificando confrontando deducendo: lo scompenso cardiaco avrebbe causato l’ischemia, la quale ischemia (se cerebrale, mancato o ridotto afflusso di sangue al cervello: per i profani) sarebbe durata poco e non avrebbe lasciato lesioni, intanto che il foro è dichiarato rinchiudibile con un intervento chirurgico delicato ma non invasivo. La diagnosi esclude ogni collegamento fra l’accidente occorso a Cassano e il quasi contemporaneo problema oculistico di Rino Gattuso, altro calciatore rossonero. La diagnosi dei due malanni non esclude però, secondo noi, il collegamento con un pensierino sul Milan-Lab, il sofisticato e a suo tempo iperomaggiato sistema sanitario del club, per monitorizzazione e prevenzione e accertamento e terapia di malanni tipici dei preziosissimi bipedi calciatori.
La stessa diagnosi propone pure una considerazione di carattere statistico e non solo: due casi “spinti” come questi di Cassano e di Gattuso, all’interno di una “popolazione” ridottissima, cioè una trentina di atleti professionisti (la cosiddetta ‘rosa’), uomini giovani di teorica ottima salute, costantemente tenuti sotto osservazione anche per il capitale che rappresentano, mica soltanto per mandare in campo la formazione migliore, due casi così non sono una percentuale grave e greve? Proiettati in proporzione su un milione di individui giovani e a priori sani anzi ultrasani, farebbero gridare all’allarme. Tutto qui, ed è molto.
C’è chi è andato oltre e ha prospettato ipotesi di usura spinta degli attori tutti del calcio di vetrina, impegnatissimi e impossibili da allenare secondo le regole sacre e sante dell’affaticamento controllato, modulato, dei viaggi comodi, bene studiati, di alimentazione e preparazione tutte ad hoc. Sempre in chiave di fiducia, si capisce: perché nessuno del calciofili e dei calciologhi pensa che nel football ci siano pratiche occulte e pericolose, e chi, come noi, sostiene che gli sport senza scoperte e allarmi e pene concernenti il doping sono quelli che non praticano un valido controllo antidoping, rischia di passare per disfattista pericoloso, ben che vada per pover’uomo pazzo d’amore cieco per il ciclismo, che quanto a rapporto col doping è – si sa - sport brutto e cattivo, massacrato da controlli, scoperte, sentenze.
Tutti vicini a Cassano comunque, il quale, come se fosse presago di qualcosa, poco tempo fa aveva prospettato per sé stesso stressato un piano di prepensionamento intorno ai trent’anni, dicendosi stanco del calcio, scoprendosi papà felice fra le mura di casa e magari sapendosi ormai definitivamente ricco per permettersi certe scelte. Non si parli però facilonescamente di chirurgia miracolosa e di pochi mesi per un ritorno in campo, di fronte alla svolta della vita. Tutti vicini a lui e vicini a Cesare Prandelli, il citì azzurro che per Cassano ha fatto forse più di Bari, Roma, Real Madrid, Sampdoria e Milan messi insieme (abbiamo elencato i club dell’ex enfant prodige), dandolo alla Nazionale ma in un certo senso dandogli la Nazionale. Si è qualificato, Prandelli, per le finali europee del 2012 con una squadra “contro” il campionato italiano, usando appunto il discusso Cassano, usando Giuseppe Rossi che appartiene al calcio spagnolo e che adesso deve “risalire” da un gravissimo incidente (e il tempo è poco), usando Balotelli che nel Manchester City finalmente gioca, segna, riesce persino a essere uomo decisivo di partite importanti, rispetta tutti o quasi, si e ci concede piccoli sorrisi. E usando uomini discussi nelle loro squadre italiane di club.
Il tutto mentre in Italia non si scorgono proprio talenti prossimi venturi, si gioca male, si fanno pochi gol, il calcio nostro rischia nelle Coppe europee (il Napoli, soprattutto), l’Inter invecchia a vista, il Milan ha pure il problema dell’infortunio a Boateng, l’Udinese è troppo Di Natale, e insomma la Juventus, facendo pochi punti più delle due ultime stagioni, quando stava in crisi fissa, comincia a pensare di poter vincere lo scudetto.


