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Un recente sketch di Maurizio Crozza nel suo programma satirico Fratelli di Crozza in onda il venerdì sera sul NOVE raffigurava papa Leone come un leader che si barcamena, che ha paura persino della sua ombra e che non prende posizioni decise («La guerra è una cosa brutta», dice genericamente Crozza-Leone XIV).
Forse in questo il comico segue – o crea? – una certa vulgata. Ma è proprio così? Se andiamo a vedere più da vicino, in questi giorni il nuovo Pontefice, ormai al sesto mese di pontificato, ha fatto invece una serie di affermazioni forti e incisive.
Toccando temi di grande attualità senza girarci intorno. Richiamiamole rapidamente. Ai membri della Consulta nazionale antiusura (18 ottobre) ha detto che «sistemi finanziari usurari possono mettere in ginocchio interi popoli»: un giudizio di valore, non proprio leggero, sul sistema economico che crea fame e morte per milioni di uomini.
Il 20 ottobre ha incontrato un gruppo di vittime di abusi – questione su cui si è speso con decisione e trasparenza già da vescovo in Perù – e ai vescovi filippini (23 ottobre) ha ribadito «nessuna tolleranza per qualsiasi forma di abuso nella Chiesa», chiedendo l’attuazione di politiche e pratiche essenziali che «(…) promuovano una cultura di previdenza e salvaguardino “questi piccoli” del Signore». Infine, e si tratta finora dell’intervento più corposo e articolato da inizio pontificato, parlando ai partecipanti all’Incontro mondiale dei Movimenti popolari (23 ottobre), eredità di papa Francesco, ha toccato un ampio ventaglio di temi scottanti: dai diritti sacri delle “3T” (tierra, techo, trabajo: terra, tetto, lavoro) al «dramma di popoli spogliati, derubati, saccheggiati e costretti alla povertà», dall’«idolatria del profitto» che esclude milioni di uomini e crea gravi disuguaglianze e ingiustizie sociali alla crisi climatica, dalla dipendenza dal gioco d’azzardo all’«idolatria del corpo», dalla dipendenza dagli oppioidi (ha citato il fentanyl, la droga della morte) al coltan e al litio (la “materia prima” degli smartphone). Ma è nella denuncia dell’«abuso dei migranti vulnerabili» che sono arrivate le parole più forti: qui «non assistiamo al legittimo esercizio della sovranità nazionale, ma piuttosto a gravi crimini commessi o tollerati dallo Stato», ha scandito.
Ha denunciato l’adozione di «misure sempre più disumane – persino politicamente celebrate – per trattare questi “indesiderabili” come se fossero spazzatura e non esseri umani». I riferimenti, sottintesi, sono ben chiari.
Ma all’attualità papa Leone guarda, naturalmente, con il filtro del Vangelo, del comandamento dell’amore e della Dottrina sociale della Chiesa, tutti richiamati esplicitamente e motivazione profonda di ogni denuncia, così come l’appello a un’etica della responsabilità (termine che, per inciso, ritorna di frequente nei suoi discorsi). Insomma, parole non proprio di un Pontefice low profile.



