C’è una nota stonata come un colpo di piatti in una ninna nanna in “Buen Camino”, l’ultimo film di Checco Zalone diretto da Gennaro Nunziante, nelle sale a Natale: una battuta di cattivo gusto, di più, una battuta di pessimo gusto dentro una pellicola che si annuncia simpatica, divertente e orientata a valori puri e genuini (come per tutti i precedenti film del personaggio, pensiamo a Tolo Tolo). La si trova nel trailer, che è già visibile suoi social.
Entrando in un ostello piuttosto affollato, puzzolente e spartano, come tutti gli ostelli, sul Cammino di Santiago, il personaggio Checco interpretato da Zalone dice alla figlia Cristal: “mi sembra di essere in un film”. “Quale film?” chiede la ragazza. E lui risponde: Schindler List. E lì qualche cosa stride come una crepa su un vetro. Vorrebbe far ridere, e invece si incastra tra i denti come una lisca. Perché puoi scherzare su tutto, ma non proprio su tutto-tutto.

Il riferimento al capolavoro di Spielberg sulla Shoah vincitore di 7 premi Oscar è assolutamente inappropriato, perché nulla può essere paragonato allo Sterminio ebraico. L’unicità dell’Olocausto è qualcosa di assoluto. Qualunque paragone o riferimento con la morte di sei milioni di persone sminuisce l’evento, e lo sposta da quel gorgo assoluto e mostruoso della storia in cui l’umanità è precipitata, come spesso cercano di fare i negazionisti o i fascisti. Ogni volta che quel baratro viene paragonato, un granello dell’orrore si sgrana. Paragonare un ostello alle baracche di Birkenau è una sciatteria morale che non meritiamo. E quel granello è un regalo involontario a negazionisti, revisionisti, nostalgici assortiti, sempre pronti a spingere sul pedale dell’equiparazione indebita: le foibe di qua, la Shoah di là, e via con il frullatore della memoria che equipara tutto e tutto rende perdonabile. Ora, non è questo il caso. Con ogni probabilità Zalone e Nunziante fanno dire quella battuta al loro personaggio per evidenziarne l’ignoranza, la goffaggine, la solita incapacità di stare al mondo. Ma anche la stupidità recitata ha i suoi limiti. Ci sono ferite che non si possono grattare neppure per sbaglio, neppure per ingenuità. Non si fa e basta: l’unicità dello Sterminio non può essere paragonata a nulla. Perché certe parole, se pronunciate con leggerezza, finiscono sempre per pesare, anche di un solo grammo. Sempre.