Davanti al dolore degli altri, spesso, si tace. Soprattutto se “gli altri” rappresentano un popolo discretamente lontano, per distanza fisica, ma anche culturale e sociale. Le notizie mediate da telegiornali, video, social media aggiungono un’ulteriore distanza mediatica che ne attutiscono il riverbero, finché continuano a girare a vuoto, in un’eco sempre più lontana e ovattata. Quando la telecamera è impugnata da chi quel dolore lo vive, e non solo ne è testimone indiretto, riacquisisce una dimensione umana. E diventa racconto. 

Lo scorso anno, il regista palestinese Rashid Masharawi ha deciso di presentare il volto umano dello sterminio del popolo palestinese ad opera dello Stato israeliano. A pochi mesi dallo scoppio del conflitto, Masharawi ha coinvolto ragazze e ragazzi tra i 18 e i 29 anni nella realizzazione del film collettivo From ground zero, “Dal punto di partenza, da zero”, in italiano. Composto da 22 corti dalla lunghezza variabile, tra i 3 e i 6 minuti, racconta da una prospettiva personale la vita nella gigantesca tendopoli che accoglie oltre un milione di rifugiati ai piedi delle macerie di Gaza. Filmati documentaristici o narrazioni a soggetto, tutti concorrono a presentare una sfumatura diversa della vita sotto i bombardamenti aerei, in un grande caleidoscopio di quasi due ore dalla bellezza struggente. Bellezza nell’accezione più umana del termine. «Caro amico, ti scrivo una lettera che spero leggerai mentre sarò ancora in vita. Ti auguro una vita bella e felice, migliore di come sia la mia adesso» si appella allo spettatore Reema Mahmood, regista del primo corto presentato. Non a tutti. A ciascuno di noi. «Mi piacerebbe condividere con te i miei problemi quotidiani. Distruzione, rovina e morte stanno consumando tutto intorno a me». Non c’è estetica della morte, né pornografia del dolore. Non ci sono neppure lacrime. C’è solo il racconto di chi vive in quelle tende, talvolta con persone sconosciute. Di chi ruba un sacco per cadaveri perché non è riuscito a salvare nulla dalle macerie della casa. Di chi, da una singola tanica, ricava l’acqua per lavare le stoviglie, il proprio corpo, i vestiti, innaffiare le piante e scaricare il water. Di chi nell’arco di ventiquattro ore si è trovato tre volte sotto le macerie. 

C’è spazio anche per i sogni: c’è chi danza al ritmo di tamburi di fortuna o con la propria ombra proiettata al muro, chi recupera il progetto per l’università, chi si veste e ogni giorno mette in scena uno spettacolo per i passanti. 

C’è tanta vita in ogni spaccato. E c’è anche la morte. Ma non si piange, si conta. Si contano i morti e si contano le persone rimaste. Se nella cultura occidentale la morte si rifugge, in Palestina è parte integrante della quotidianità, e forse questa è l’angolatura in assoluto più tagliente dell’intero film: si fa la fila per la doccia, per il cibo, per caricare il telefono, si spacca la legna, si guardano le onde del mare e si muore. Ognuno ha qualcuno da contare.

Il settimo corto, di Khamis Masharawi, interpella i bambini. Si chiede loro che storia vogliano raccontare, costruire con i cartoncini colorati. E i bambini scelgono quella delle loro mamme, che prima di dormire segnano i loro nomi sulle braccia e sulle gambe. «Mentre scriveva su di me piangeva, e io lo stesso» dice una bimba mostrando il braccio. «Se ci bombardano ci faranno a pezzi. Non voglio che scrivano sul mio corpo, non voglio che raccolgano i miei pezzi» chiude un bambino con un sorriso compiaciuto, in favore di camera.

«Inondati da immagini che in passato ci avrebbero scioccato e indignato, stiamo perdendo la capacità di reagire. La compassione, forzata fino all’estremo, si intorpidisce» scriveva nel 2003 la filosofa Susan Sontag, nel suo saggio Davanti al dolore degli altri. Forse, stavolta, davanti al dolore degli altri non si riesce a restare impassibili. Perché non sono più “gli altri”. Sono loro a raccontarci la loro storia.

Entrato nella short list degli Oscar 2025, From Ground Zero è stato distribuito in Italia dalla società Revolver - fondata nel 2002 da Paolo Maria Spina - e proiettato in 4 mesi in oltre 75 città di tutte le regioni, ed in oltre 120 schermi italiani. Tra giugno, luglio e agosto il film verrà proiettato nuovamente in oltre 40 città italiane, nelle arene estive. Sono previsti anche due sequel, al momento ancora in post produzione: sono quattro cortometraggi da mezz’ora ciascuno, fictional, non documentaristici. In ogni film sono presenti due registe e due registi. È in produzione anche il making off di From ground zero. Questo triplice lavoro sarà pronto per la fine dell’estate.

From ground zero è stato proiettato anche nell'auditorium delle Nazioni Unite a New York il 15 maggio, in occasione della commemorazione del NACBA Day, in presenza di gran parte del mondo arabo, Asia, Africa, Sud America.