da "Andrea Camilleri. Una storia" (Salani), di Luca Crovi
La Rai nel 1957 riceve dalla Pro Civitate Christiana di Assisi l’incarico di mettere in scena il testo teatrale che ha vinto il loro concorso drammaturgico biennale. Il copione è molto complesso. Si tratta dell’opera Odore di terra di Siro Angeli. Sulla scena devono essere rappresentati ambienti diversissimi fra loro: da un vagone di tradotta a un’isba nella steppa russa, da una camera d’albergo al limbo dei non ancora nati, passando per il Paradiso terrestre. L’allestimento è complicatissimo e le scenografie sono affidate allo scenografo Silvano Falleni. Camilleri utilizza ben tre palcoscenici girevoli che agiscono quasi in contemporanea, gestiti da un folto numero di macchinisti ed elettricisti. È previsto che la messa in onda televisiva coincida con la rappresentazione teatrale. Camilleri si trova a realizzare entrambe le regie e deve gestire più di un’emergenza. Falleni si rifiuta di costruire il Paradiso, perché il Radiocorriere non l’ha citato nel pezzo di lancio della trasmissione. Si giustifica sostenendo di non aver mai visto il Paradiso in vita sua e di non saperlo creare in alcun modo. Il primo cameraman si offre di realizzarlo lui. Gli serve solo avere un po’ di cotone, della garza e del fil di ferro. Nel giro di poco, dipingendo anche le nuvolette a mano, la troupe realizza un piccolo miracolo. Il pomeriggio precedente la trasmissione viene fatta una sorta di prova generale alla quale chiedono di assistere gli ospiti della produzione. Camilleri permette loro l’ingresso in sala. E così entrano e si siedono cinque cardinali, una decina di vescovi, alcuni alti prelati, suore e preti. Il teatro si riempie. A un certo punto entra Falleni che guardando il Paradiso si adira e urla: «Oh che l’è quel troiaio lì?» Camilleri in quel momento è nel pullman di regia. Falleni sale sul palcoscenico con un martello e inizia a smontare tutto l’allestimento. Quando Camilleri lo vede non ce la fa più. Corre in mezzo alla sala, bestemmiando ad alta voce. Dà un cazzotto in faccia allo scenografo e gli toglie il martello di mano. Poi chiama due carabinieri e gli ordina di arrestarlo. I due puntualmente obbediscono e lo portano via. Intanto la sala si è svuotata. I religiosi presenti se ne sono andati scioccati per quello che è successo. Andrea scorge in sala Rosetta, sola e in lacrime, in stato di gravidanza avanzata. Il palco viene risistemato. Le prove convincono tutti. Il giorno dopo lo spettacolo viene realizzato e alla fine i carabinieri si presentano a tarda ora dove la troupe sta cenando per chiedere a Camilleri se possono liberare Falleni. Solo in quel momento il regista si accorge di tutto quello che è davvero successo. Il giorno dopo entra nel convento adiacente il luogo dello spettacolo e chiede a un prete come può rimediare a quello che ha fatto. Il religioso gli suggerisce di entrare nel chiostro e di parlare con gli altri prelati che si trovano lì. I vescovi lo ascoltano e uno di loro gli dice che deve fare pace con se stesso prima di poter chiedere scusa eventualmente a Dio per quello che ha combinato. A quel punto Camilleri si accorge che a parlargli è il Patriarca di Venezia. Il futuro Papa Giovanni XXIII lo guarda negli occhi e con serenità e aggiunge: «Al suo posto un cazzotto glielo avrei dato anch’io». Il critico teatrale Achille Fiocco commenta così quello spettacolo così difficile da gestire: «Odore di terra è insieme lirica, racconto e dramma: alterna visioni paesistiche (vere e proprie liriche) a ricordi, lettere e quadri evocativi, e s’avventura persino nel limbo dei nascituri, con un procedimento cinematografico, che va dal presente al passato, per tornare infine al presente, e si vale di elementi pittorici, mimici, musicali e dialogici, fusi nell’ansia di scoperte che la pervade da un campo all’altro».