Dopo Susan Sarandon (deliziosa suocera cattiva in Come d’incanto, film della Disney a metà tra cartone animato e live action), Tilda Swinton (malvagia strega Jadis nelle Cronache di Narnia) e Charlize Theron (seducente e tenebrosa matrigna in Biancaneve e il cacciatore), il ruolo della dark lady da fiaba è oggi uno dei più ambìti. E anche dei più complessi. Ben lo sa la brava Maria Pia Calzone, chiamata dal regista Alessandro Rak a dar voce alla diabolica Angelica Carannante in Gatta Cenerentola, il sorprendente cartoon ispirato alla versione originale della favola scritta nel Seicento da Giambattista Basile, poi rielaborata per il teatro da Roberto De Simone.

Una sfida, quella di rendere l’umanità di un personaggio che non è pura malvagità utilizzando solo le corde vocali. Anche per un’attrice come la Calzone, affermatasi in Tv grazie al ruolo di Immacolata Savastano nella serie Gomorra, dopo aver lavorato in fiction di successo dirette da registi come Alberto Sironi e Giulio Base. Senza dimenticare alcune belle prove cinematografiche: Chiari di luna di Lello Arena, Segreto di stato di Giuseppe Ferrara, Matrimoni di Cristina Comencini.

“E’ vero. Non avevo mai recitato per un cartone animato e, prima di cominciare, ero preoccupatissima”, confessa Maria Pia, 50 anni il prossimo 10 ottobre e un figlio di 9, Giulio. “Anche perché, quando Rak e gli altri registi mi hanno fatto entrare negli studi di registrazione Mad, a Napoli, ancora non c’era l’animazione. Il cartoon non esisteva. Non avevo nulla”.

E allora come hai fatto?

“Mi avevano spiegato per filo e per segno la storia, gli altri personaggi, l’ambientazione. Io, come si fa sempre con le fiabe, ho lavorato d’immaginazione. Ho ‘visto’ quel mondo creato da loro. Me ne sono impossessata e sono diventata Angelica. Sono stati poi loro a modellare sulla mia voce le immagini della matrigna. Così come hanno disegnato gli altri personaggi lasciandosi guidare dalle voci che l’interpretavano”.

Ciò vuol dire che ti senti un po’ coautrice?

“Beh, la recitazione principalmente è un’arte di reazione. Reagisci agli agenti esterni, agli interlocutori, a ciò che ti circonda, alle sensazioni della giornata. Se non hai nulla, devi avere la capacità di inventarti un mondo tenendolo, comunque, a distanza di microfono. Perché tutto lì dentro, poi, finisce”.

Come si lavora con quattro registi: c’è da diventar matti?

“Non è stato così difficile, perché loro formano un gruppo talmente affiatato che era come interagire con un’unica visione del lavoro. Anche se poi, sul piano pratico, per la prestazione recitativa ho avuto soprattutto a che fare con Rak”.

Insomma, bella avventura. Per una volta, lo spettatore non sarà distratto dalla tua bellezza ma rapito solo dalla voce.

“Sinceramente, è una cosa che non avevo pensato finora. Ma ti ringrazio (ride di cuore)... In effetti, la responsabilità è enorme. Specie per un lavoro complesso come un cartoon”.

La storia ruota attorno ai mutamenti di Angelica. Prima, una sorta di Filumena Marturano. Poi malvagia per amore del boss Salvatore Lo Giusto. Infine, tradita e pentita…

“Vero, è una specie di deus-ex-machina che porta avanti l’intera vicenda. Non per nulla, ho cercato di rivivere dentro di me quel dolore lacerante che si porta appresso per anni”.    

Qual è il tuo rapporto con il mondo dei cartoni animati?

“Naturalmente, da ragazzina li guardavo. Ma sono sempre stata più attratta dai film con talenti comici tipo quello di Jerry Lewis. La sua recente scomparsa è stata per me come la perdita di un pezzetto d’infanzia. Ora però che c’è Giulio sto recuperando con lui il tempo perduto. La prima volta che ho portato mio figlio al cinema, aveva solo due anni: finita la proiezione, si è girato verso di me e mi ha detto: ancora!”.

E cosa ha detto Giulio di Gatta Cenerentola?

“Lo abbiamo visto insieme. Lui è un bambino delicato mentre certi passaggi della storia sono un po’ forti, da cartoon per adulti. Infatti, mi ha detto: ‘Mamma, non è proprio adatto ai bambini piccoli. Però bello, mi ha fatto venire molta ansia”.

Tu ti sei laureata in lettere prima di diplomarti al Centro Sperimentale di Cinematografia. Cosa pensi di questo ritorno della tradizione culturale partenopea? Lo cunto de li cunti di Basile è stato riscoperto dal pubblico grazie al lavoro teatrale di Roberto De Simone, poi al recente film di Matteo Garrone. Adesso questo bel cartone animato…

“Era ora che, dopo decenni di colpevole dimenticanza, si recuperasse quanto di buono ha culturalmente prodotto Napoli. E’ soltanto aggrappandosi saldamente al passato che ci si può proiettare verso il futuro. E questo vale anche per i napoletani”.

A proposito di difficoltà del presente, come mamma sei preoccupata per la violenza che scuote la nostra realtà?

“Come potrei non esserlo? Io, mio marito e nostro figlio viviamo a Roma, ma i miei familiari sono in Campania. Sento per lui la mancanza di quel tessuto familiare (nonni, zii, cugini) che dà equilibrio di fronte a certe ansie. Giulio, giorni fa, mi ha detto: ‘Mamma, ma tu hai conosciuto la tua bisnonna!’. Io le tagliavo le unghie dei piedi: un ricordo pieno d’amore. Queste son le cose che ti fanno capire chi sei e che cosa è importante”.

Non sei potuta andare a Venezia, per l’anteprima alla Mostra di Gatta Cenerentola, perché stai lavorando a Roma sul set del nuovo film di Verdone…

“Proprio così. Ma per me è una tale emozione, un tale divertimento lavorare con lui, che avrei fatto qualsiasi rinuncia. Il mio personaggio, Ornella, fa l’infermiera. Non posso però dire nient’altro. Altrimenti, Carlo mi fulmina”.

Foto Flavio e Frank.