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Si parte da un film del 1952: Il più grande spettacolo del mondo. Il giovane Sammy Fabelman entra per la prima volta in una sala cinematografica e vede sullo schermo lo scontro fra due treni nell’epopea circense di Cecil B. DeMille. Resta folgorato, ha bisogno di replicare quella scena, di mantenerla viva, per paura di non poterla trattenere nella memoria. È la nascita di un maestro, è il percorso di maturazione di Steven Spielberg in The Fabelmans. Il leggendario cineasta si mette a nudo, in un racconto intimista, biografico, viscerale, fatto di confidenze, di ricordi: il rapporto con i genitori, la loro separazione, la religione, il debutto dietro la macchina da presa, la passione per il cinema. Forse The Fabelmans è davvero il film più bello dell’anno. A prestare il volto a Sammy Fabelman-Spielberg nella fase “dell’adolescenza” è Gabriel LaBelle: vent’anni, una forte personalità e tanta simpatia. È nata una stella. «Essere nel cast di un film di Steven Spielberg è un sogno, qualcosa che non credevo si sarebbe mai realizzato. È stata una grande responsabilità. Adesso che abbiamo finito, sono davvero orgoglioso del risultato», rivela LaBelle.
La sua vita ha qualcosa in comune con quella di Spielberg?
«Molte cose. Entrambi, da piccoli, eravamo gli unici bambini ebrei nella comunità. Entrambi veniamo da una famiglia di genitori divorziati, e siamo presi dalla febbre del cinema. Ne abbiamo parlato a lungo prima delle riprese. Ci siamo interrogati su quanto fosse reale quello che raccontavamo, e quanto appartenesse invece alla finzione. Ci siamo capiti, conosciuti a fondo. Lui mi ha parlato della sua vita e io ho fatto lo stesso. Poi, ovviamente, non bisogna dimenticarsi che lui è Steven Spielberg (sorride, ndr). Quando eravamo sul set, mi faceva sentire speciale. Ho cercato di imparare tutto il possibile, anche perché mi relazionavo con un genio».
Che cosa le ha insegnato?
«Abbiamo lavorato insieme da luglio a ottobre del 2021, per tredici ore ogni giorno. Spielberg ti assorbe, ti trasmette tanto, e le tue prospettive cambiano. Mi ha arricchito molto».
In The Fabelmans il tema della famiglia è centrale.
«È vero. I famigliari sono le persone che ti conoscono meglio e che hanno più affetto per te. I miei genitori mi hanno sempre sostenuto nelle mie scelte. Mi portavano ai provini, anche se erano in un’altra città. Loro amano il cinema, gli attori. Mio padre recita, quindi la mia non è mai stata una passione estranea, che usciva dagli schemi. A casa nostra recitare è normale. Anche divertente. Ho iniziato da giovanissimo, partendo da registrazioni amatoriali, dal teatro, studiando a scuola, e infine facendo i casting. Fin da subito per me è stato molto chiaro quello che volevo fare nel futuro, non ho mai neanche pensato di volermi dedicare ad altro».
Nel film, dalla famiglia si passa al grande schermo.
«Definire il cinema è più complesso. Potrei dire che è una forma d’arte che si basa sulla “collaborazione” tra tecnologia, innovazione e sentimento umano. Mi ha sempre affascinato il fatto che il cinema è in grado di plasmare personaggi fuori dallo spazio e dal tempo, che ti portano in un luogo magico che non sia la quotidianità. È quasi impossibile dire quali sono i film che mi fanno battere di più il cuore. Guarderei senza sosta Bastardi senza gloria, Il lupo di Wall Street… Non ho mai smesso di fantasticare, mi avvicino a una storia, mi immagino sempre un sequel, una prosecuzione che scaturisca dalla mia creatività. Il mio sogno è non fermarmi mai: non solo essere davanti la macchina da presa, ma anche dirigere, scrivere, produrre. Amo questo mestiere, sento che ha tanto da darmi».
Per seguire il suo sogno si è trasferito da Vancouver a Los Angeles.
«È stata dura, sono nato a Vancouver, che è un posto piccolo, con un ottimo servizio di trasporti. Al confronto Los Angeles è gigantesca, spinge un po’ a isolarsi. Per chi arriva dall’estero è anche necessario avere una nuova assicurazione sanitaria. Mi è servito un anno per abituarmi. Oggi sono felice, vivo in una casa mia, tutto ha un senso. Ho un bel gruppo di amici, le mie giornate sono piene. Vado in palestra, ho il supermercato di fiducia».
E per il futuro?
«Non lo so ancora. Abbiamo girato in estate, adesso mi sto concentrando al massimo sul film. La speranza è di non perdere Spielberg, di continuare con lui. Sarebbe un onore se mi chiamasse ancora».
Qual è il suo film preferito di Spielberg?
«The Fabelmans, senza dubbio».



