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In un tempo come il nostro, fatto di individualismi sovrani, il pensiero di Fabrice Hadjadj è come un antidoto. Il filosofo francese, che in Italia ha appena pubblicato “Ma che cos’è una famiglia?” (ed.Ares, 16 euro), guarda alla contemporaneità con irriducibile lucidità. A cominciare da un’affermazione di principio: “A livello della condizione umana non esiste principio anteriore alla famiglia”. Ma questo luogo “dove si articolano la differenza dei sessi e la differenza tra le generazioni”, questo luogo attraversato per sua natura dalla generosità della vita, “zoccolo carnale dell’apertura alla trascendenza”, è oggi sempre più in discussione. Il letto e la tavola, avverte Hadjadj, sono minacciati da qualcosa di completamente nuovo: la provetta e lo schermo (del tablet).
Perché la nostra epoca è attraversata da un dibattito così forte sulla famiglia?
L’attacco, il tentativo di mettere “sotto tutela” la famiglia non è una novità. E’ sempre stata un mistero per tutte le epoche, perché viene dalla sessualità, non è “costruita” dall’uomo. Quindi tutti i sistemi sociali, tutte le ideologie, per raggiungere una maggiore potenza, hanno cercato di ridefinirla. Per esempio, la famiglia patriarcale è stata un modo per disegnare la famiglia e fondare un potere. La famiglia borghese, a sua volta, è una forma patriarcale fondata sulla trasmissione del denaro e del patrimonio. La concezione nazionalista-natalista ha imposto alla famiglia che si facessero figli per la nazione, per essere più forti come Paese. La concezione maltusiana l’ha invece guardata come un problema e ha proposto il controllo delle nascite. In tutte le epoche ci sono stati tentativi di presa di controllo delle famiglie, ma oggi la prospettiva non è più ideologica o politica. Abbiamo a disposizione una forza tecnologica e scientifica che può trasformare la natura stessa del genere umano e la sua capacità generativa.
Questo, certo, cambia un po’ la prospettiva…
E’ qualcosa di completamente nuovo. E’ una sorta di radicalizzazione dell’impresa capitalista, in cui la famiglia è trasformata in una fabbrica, per la sua capacità di “fabbricare” figli, facendo dei bambini stessi degli oggetti di produzione e di performance. In questa situazione, la storia filosofica millenaria e la morale divengono insufficienti. I filosofi antichi non si sono mai posti la domanda: farai un figlio per una via sessuale o in modo tecno-scientifico?
Nel suo libro scrive che l’immagine di Dio si trova nella differenza dei sessi. E che la loro unione è pervasa di una generosità che opera nel mare del mondo e assicura il passaggio delle generazioni. Ma l’ordine simbolico papà, mamma, bebè oggi è ambito anche da coppie dello stesso sesso. Per quale motivo?
La prima cosa che va detta è che non tutti gli omosessuali sono a favore della distruzione della famiglia naturale. Per esempio, ultimamente c’è stato un intervento molto bello, in difesa della famiglia, di Dolce e Gabbana. Negli anni Settanta, gli omosessuali che militavano erano orgogliosi di essere al di là di qualsiasi regola normativa. Oggi il movimento LGBT è alla ricerca di una normalizzazione. E questo è davvero lontano da prospettive come quella di Pasolini, autore che amo, che poneva domande a partire dalla propria marginalità e manifestava un modo di pensare e una differenza irriducibili. Da dove viene questo nuovo modo di pensare, che è passato dalla sovversione a una sorta di sottomissione al modello familiare tradizionale? Io penso che derivi, ancora una volta, dalla tecnologia, che crea nuove possibilità e afferma che tutti i fondamenti naturali possono essere rimessi in discussione.
Nel testo c’è una critica serrata al concetto di “benessere” del bambino, che giustifica gran parte delle argomentazioni sull’idoneità a diventare genitori.
Sì perché ora che abbiamo la possibilità di “fabbricare la vita” in modo artificiale ci permettiamo di guardarla dal punto di vista del benessere - ma non in senso di bene, di buono - dei bambini. Perché stupirsi, dunque? Se un bambino deve inserirsi in un mondo sempre più artificiale, è meglio per lui essere selezionato in vitro e non avere modelli naturali con cui confrontarsi. In un mondo virtuale, in cui tutto è disincarnato, forse sarà più facile essere già per nascita parte di un mondo tecno-economico. Ma il dono della vita arriva al di là di ogni calcolo. L’amore familiare, quello di un padre e una madre, è un amore senza preferenza, che non deriva da una scelta né da un confronto. E’ un legame educativo che si fonda su un’autorità senza competenza e da una libertà senza indipendenza.
Oltre che dalla tecno-scienza, la famiglia si confronta oggi anche con le teorie del gender. Come ci si misura con questi orientamenti educativi?
La teoria del gender non è che un santino, il problema arriva da più lontano. Da un lato, storicamente, lo spiritualismo ha sempre espresso la necessità di un distacco dal corpo e dalla sua sessualità. Dall’altro, anche nella tradizione filosofica c’è sempre stato l’uomo (non l’uomo e la donna) immaginato come categoria generale, ma non nella sua concretezza. Se la filosofia e la religione hanno sempre disprezzato il corpo, la teoria del gender arriva da qui. E l’assessuazione è terribilmente funzionale, ancora una volta, al virtuale e all’informatica.



