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Cosa spinge 40 mila persone a inerpicarsi ogni anno su per una mulattiera che in poco più di sei chilometri, fra pinnacoli di roccia, sali e scendi e quasi 800 metri di dislivello, sale fino al rifugio Papa sul Pasubio?
«Ha cento anni ed è l’unico manufatto della Grande guerra a essere ancora vivo», dice Claudio Rigon, curatore della mostra “La strada delle gallerie ha 100 anni” a Schio fino al 24 settembre (www.stradadellegallerie.it).
Costruita nel 1917 dai soldati italiani impegnati nelle Piccole Dolomiti per difendere il crinale dagli austriaci, la Strada delle gallerie parte dalla Bocchetta di Campiglia (1.216 metri) e arriva a quota 1.928 dove durante il conflitto si era sviluppata una “città” con i baraccamenti dell’esercito e i servizi utili per il fronte; un terzo del percorso si svolge in galleria, mentre il restante tratto è scavato a mezza costa nella roccia.
La possibilità di immergersi nella storia, guardando al cannone conservato in uno dei cunicoli o riconoscendo nel terreno i solchi delle trincee, non basta però a spiegare il fascino magnetico che la Strada esercita sui vicentini come sui tanti stranieri che arrivano in Italia per affrontare le tre ore di cammino fino al rifugio Papa.
Fra le gallerie del Pasubio - compresa la numero 20, a forma elicoidale - c’è qualcosa di epico e allo stesso tempo di familiare. Una sensazione che diventa sempre più chiara quando si capisce che un’opera così ardita può essere stata portata a termine solo grazie a un grande lavoro di squadra. «Costruire la Strada fu per i soldati un’impresa e allo stesso un’avventura. Scavarono una galleria dopo l’altra con picconi e dinamite, il coinvolgimento di ciascuno fu profondo», prosegue Rigon, che si è appassionato della Strada quando, mentre studiava le vicende del vicino Altipiano di Asiago, si è imbattuto in scritti e fotografie dell’impresa.
La Strada delle gallerie doveva servire per il collegamento con il fronte ma anche per tenere i soldati moralmente e fisicamente pronti alla guerra in montagna. I lavori cominciarono nel febbraio 1917, in quello che fu l’inverno più rigido durante la Guerra, e terminarono nel dicembre dello stesso anno. «Nonostante i sei metri di neve al suolo e l’assenza di una carta geografica, il tenente Giuseppe Zappa, ingegnere di 29 anni, esplorò il terreno con un plotone di venti uomini. Con lo sciogliersi della neve e l’avanzamento dei lavori, le forse in campo crebbero fino al numero di 600 soldati», spiega ancora Rigon.


La Strada delle gallerie oggi e la mostra a Schio
Oggi, mentre si sale muniti di luce per farsi strada nell’oscurità delle gallerie, pare di vederli ancora al lavoro, i giovani della 33ª compagnia minatori, ciascuno con un compito preciso: sgombrare la neve, trasportare i materiali, picconare il terreno e posizionare la dinamite. La ruvidezza della roccia come i muri di contenimento perfettamente allineati, parlano di un impegno corale e della capacità di osare un’impresa che, considerando i mezzi dell’epoca, pare più che unica.
Come appare straordinario il “concorso di popolo” con cui oggi i volontari del Club alpino italiano sezione di Schio portano avanti la manutenzione ordinaria della strada. «Ogni anno organizziamo una giornata di lavoro a cui partecipano 80 volontari, soci Cai soprattutto e alpini. Rimuoviamo le pietre che cadono sul sentiero, sistemiamo le canalette per l’acqua e rimuoviamo detriti», dice Umberto Dalla Costa, presidente del Cai di Schio.
Grazie alla mostra allestita a Schio (promossa dal Comune, il Club alpino italiano e l’Unione montana Pasubio Alto Vicentino presso Palazzo Fogazzaro) è possibile ripercorrere lo sviluppo della Strada attraverso le fotografie scattate dal tenente Giuseppe Zappa e dal capitano Corrado Picone – che utilizzavano le immagini, impresse sulle lastre di vetro, per studiare il tracciato –, gli scritti e i cimeli raccolti negli archivi e rinvenuti sul Pasubio. Fil rouge dell’esposizione, le memorie del tenente Ugo Cassina, scritte appena finita la guerra.
Il percorso permette di immergersi nella storia della Strada, dai lavori di costruzione di cento anni fa fino alle recenti campagne di manutenzione. Con un invito: dopo la visita bisogna mettersi in cammino, attraversare le 52 gallerie e poi tornare alla mostra portando un selfie o una foto del panorama meraviglioso che si gode dal Pasubio: un piccolo segnale per dire che la Strada delle gallerie continua a vivere.



