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Alessio Boni mattatore dello spettacolo L’uomo che oscurò il re Sole Vita di Molière, in scena al Teatro Franco Parenti di Milano fino al 23 aprile. Il testo di Francesco Niccolini, che è anche il regista della Pièce è la rievocazione della vita di Jean Baptiste Poquelin (1622-1673), passato alla storia con il nome d’arte di Moliére. Figlio di un tappezziere, orfano di madre, balbuziente, avviato agli studi giuridici grazie al sostegno del nonno, viene folgorato dal teatro e decide di legarsi a un’attrice, Madeleine Béjart, formare una loro compagnia e viaggiare per la Francia in una lunga tourneé. Per otto anni colleziona solo insuccessi perché si ostina a scrivere e recitare opere tragiche, fino a quando dopo l’incontro con una compagnia napoletana s opre che la sua vera vocazione è la farsa. E da quel momento ottiene un successo straordinario mettendo in scena i vizi della borghesia francese, in commedie memorabili come La scuola delle mogli, Le preziose ridicole,Il Tratufo Il misantropo, L’avaro, Il malato immaginario. Amico personale di Luigi XIV che spesse lo difese dagli attacchi della chiesa, era affetto da molte malattie ma odiava i medici che considerava solo dei ciarlatani, fino a morire tragicamente a 51 anni poco dopo la fine dell’ennesima rappresentazione di Il malato immaginario. Alessio Boni è da solo in scerna accompagnato dalle musiche del virtuoso Alessandro Quarta, violinista e pianista. Per chi è abituato a vederlo solo al cinema e in tv un’autentica rivelazione: si alterna nella parte del narratore e di tutti i personaggi rievocati dalla storia, modulando la voce, riempiendo la scena con la sua gestualità, alternando il registra tragico a quello ironico. Da notare un’analogia tra la vita di Boni e quella di Moliére: Boni nasce in una famiglia di piastrellisti bergamaschi e giovanissimo inizia a lavorare con il padre fino a scoprire la sua vera vocazione, la recitazione. Uno spettacolo che ci rivela la tormentata vita di Moliére, nevrotico, irascibile, donnaiolo, fragile ma al contempo così acuto e rivoluzionario. Un’ora e venti che volano via con un gradito bis del monologo struggente in cui Moliére confida il suo amore disperato per la giovanissima moglie Armande volubile, capricciosa infedele, ma per lui comunque ispiratrice di una sterminata tenerezza.



