Un terzetto già collaudato in altri due film (Benvenuti al Sud e Benvenuti al Nord) quello formato dal regista Luca Miniero, e gli attori Claudio Bisio e Angela Finocchiaro. A cui qui si aggiunge anche un brillante Alessandro Gassman. Gli ingredienti in Non c'è più religione ci sono tutti: una location da favola, le isole Tremiti, un gruppo di interpreti affiatati,  la vita corale di un paese con le sue maschere (il parroco, il sindaco, il fornaio razzista, le beghine, il ragazzotto obeso…), la commedia dell’equivoco con un pizzico di nostalgia. Ma il meccanismo narrativo, la ricerca di un bambino musulmano da inserire in un presepe vivente, non sempre è convincente e le risate sono poche. Se il titolo vuole essere solo un richiamo a un modo di dire, in effetti la religione qui è poco più di un pretesto; la tradizione del presepe sembra  più una pantomima, si citano il Corano e l’Apocalisse, si invocano divinità africane, compare il Buddismo, il tutto in un confuso minestrone  che se da un lato vuole dimostrare apertura e multietnicità, dall’altro banalizza culti e valenze simboliche in nome della gag e della battuta. 


Veniamo alla storia: nell’isola di Porto Buio ogni anno si fa un celebre presepe vivente che attrae molti turisti. Il problema è che non nascono da anni più bambini, e l’unico ragazzino destinato a interpretare il bambinello è troppo grande e grosso per essere credibile. Come risolvere la spinosa situazione? Il neo eletto sindaco (Bisio),  un politico esiliato nell’isola dove è nato dopo aver fallito come amministratore al Nord, prende in mano la situazione e pensa di rivolgersi alla comunità magrebina che vive nell’isola e con la quale gli abitanti hanno un rapporto di ostilità e di sospetto. E essa fa parte anche un suo amico d’infanzia, Mario (Gassman), che una volta convertitosi all’Islam ha preso il nome di Bilal. L’altro personaggio cardine della storia è suor Marta (Finocchiaro), che gestisce una pizzeria, ed era anch’essa amica d’infanzia di Mario e del sindaco, anzi era stata lei la causa del loro allontanamento in quanto entrambi erano innamorati di lei.  Bilal promette al sindaco che sarà suo figlio, che nascerà proprio a Natale, a fare il Bambinello nel presepe, ma in cambio pretende tutta una serie  di concessioni: altera la struttura del presepe, impone che i cattolici facciano il Ramadan, chiede che la Chiesa diventi anche un luogo di culto islamico.  Le due comunità pur con qualche incidente e incomprensione cominciano ad amalgamarsi e a imparare a vivere insieme. Fino a quando l’arrivo della figlia del sindaco sconvolge di nuovo le cose. 

Nella rappresentazione del Sud c’è di sicuro un rimando al più fortunato Benvenuti al Sud, con un plauso alla scenografia, alle riprese aeree delle isole, ai colori del mare, e a certe soluzioni coreografiche, come il passare delle stagioni espresso da scritte che compaiono nel cielo, nella sfoglia  di una pizza, in un vetro appannato. Di sicuro è una commedia leggera e mai volgare, ma dà forse l’impressione di essere stata troppo pensata a tavolino e che non riesca davvero a decollare.