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L’orario del rendez-vous scivola. Ma c’è da capirla. Luisa Ranieri, attrice sempre più brava, non si sottrae agli impegni della promozione. Con lei parliamo di Luisa Spagnoli, la fiction (su Rai 1 lunedì 1 e martedì 2 febbraio) che il regista Lodovico Gasparini ha dedicato alla fondatrice della Perugina, una figura femminile straordinaria del primo ’900, donna avanti sui tempi e imprenditrice creativa.
Il fatto è che la bella Luisa in questo periodo fa soprattutto la mamma di due splendide bambine: Emma, 4 anni e mezzo, e Bianca, 6 mesi, avute da Luca Zingaretti.
Cosa l’ha convinta a impersonare Luisa Spagnoli?
«La storia fuori dal comune di questa donna coraggiosa, forte, intraprendente, anticonformista. Ho fatto per due anni la corte a questo ruolo. Ai primi del ’900 e in una città di provincia come Perugia, la Spagnoli, con tre figli piccoli e un marito musicista senza troppo senso pratico, rileva una pasticceria e avvia un’azienda dolciaria contro tutti. Determinata, creativa (è lei a inventare il celebre Bacio) farà crescere l’impresa a livelli mondiali. Grazie anche all’alleanza con i Buitoni, famiglia di industriali pastai, da cui nascerà il famoso marchio Perugina».
Qui c’è la parte meno fulgida della sua vita: la passione extraconiugale per il giovane Giovanni Buitoni...
«Non è un film buonista. La Spagnoli non fu una santarellina. Malgrado la differenza d’età, quello fu vero amore, tanto che il marito di lei, Annibale, si fece da parte senza scandali e mantenendo i legami familiari perché capì che sarebbe stato impossibile opporsi. Dando ulteriore prova d’amore. Come fece Luisa quando, alle lunghe, capì che Giovanni doveva avere una vita sua e dei figli. Allora si isolò e si concentrò sul lavoro, dando sfogo all’altra sua passione: la sartoria. Mancava la moda per la donna moderna e lei creò la casa Luisa Spagnoli. Non ebbe tempo di godersi il nuovo successo perché si ammalò di un tumore alla gola, che la condusse alla morte a Parigi, nel 1935, assistita amorevolmente da Giovanni. Ma negli anni a seguire, i capi in angora della maison Spagnoli hanno trionfato nel mondo».
Difficile calarsi nei suoi panni?
«Mi ha aiutato scoprire episodi, emozioni dalla viva voce dei familiari. Hanno insistito perché di Luisa si ricordasse la generosità, il suo essere dalla parte delle donne. Fu la prima in Italia a fare aprire in fabbrica un asilo nido. Diede lavoro a donne vittime di maltrattamenti perché, rese indipendenti dal marito violento, avessero una chance di vita».
La Spagnoli sarebbe contenta, oggi, del ruolo della donna?
«Apprezzerebbe i passi avanti, ma credo che avrebbe qualcosa da rimproverare proprio a noi. Almeno a quelle donne che ancora sviliscono la loro dignità in cambio di facili vantaggi».
Il fatto è che la bella Luisa in questo periodo fa soprattutto la mamma di due splendide bambine: Emma, 4 anni e mezzo, e Bianca, 6 mesi, avute da Luca Zingaretti.
Cosa l’ha convinta a impersonare Luisa Spagnoli?
«La storia fuori dal comune di questa donna coraggiosa, forte, intraprendente, anticonformista. Ho fatto per due anni la corte a questo ruolo. Ai primi del ’900 e in una città di provincia come Perugia, la Spagnoli, con tre figli piccoli e un marito musicista senza troppo senso pratico, rileva una pasticceria e avvia un’azienda dolciaria contro tutti. Determinata, creativa (è lei a inventare il celebre Bacio) farà crescere l’impresa a livelli mondiali. Grazie anche all’alleanza con i Buitoni, famiglia di industriali pastai, da cui nascerà il famoso marchio Perugina».
Qui c’è la parte meno fulgida della sua vita: la passione extraconiugale per il giovane Giovanni Buitoni...
«Non è un film buonista. La Spagnoli non fu una santarellina. Malgrado la differenza d’età, quello fu vero amore, tanto che il marito di lei, Annibale, si fece da parte senza scandali e mantenendo i legami familiari perché capì che sarebbe stato impossibile opporsi. Dando ulteriore prova d’amore. Come fece Luisa quando, alle lunghe, capì che Giovanni doveva avere una vita sua e dei figli. Allora si isolò e si concentrò sul lavoro, dando sfogo all’altra sua passione: la sartoria. Mancava la moda per la donna moderna e lei creò la casa Luisa Spagnoli. Non ebbe tempo di godersi il nuovo successo perché si ammalò di un tumore alla gola, che la condusse alla morte a Parigi, nel 1935, assistita amorevolmente da Giovanni. Ma negli anni a seguire, i capi in angora della maison Spagnoli hanno trionfato nel mondo».
Difficile calarsi nei suoi panni?
«Mi ha aiutato scoprire episodi, emozioni dalla viva voce dei familiari. Hanno insistito perché di Luisa si ricordasse la generosità, il suo essere dalla parte delle donne. Fu la prima in Italia a fare aprire in fabbrica un asilo nido. Diede lavoro a donne vittime di maltrattamenti perché, rese indipendenti dal marito violento, avessero una chance di vita».
La Spagnoli sarebbe contenta, oggi, del ruolo della donna?
«Apprezzerebbe i passi avanti, ma credo che avrebbe qualcosa da rimproverare proprio a noi. Almeno a quelle donne che ancora sviliscono la loro dignità in cambio di facili vantaggi».



