L’ormai solido connubio tra Ambra Angiolini e il Teatro Franco Parenti di Milano si rinnova anche per la stagione estiva. Dal 12 al 22 giugno sul palcoscenico di Via Pier Lombardo va in scena La Reginetta di Leenane, il primo grande successo del pluripremiato autore angloirlandese Martin McDonagh. Tra gli attori, oltre ad Angiolini, ecco Ivana Monti, Stefano Annoni ed Edoardo Rivoira. Alla regia invece c’è Raphael Tobia Vogel.
 
L’opera di McDonagh -pur ambientata negli anni novanta a Leenane, uno sperduto villaggio dell’Irlanda rurale- tratta tematiche delicate quanto attuali. Solitudine, rapporti familiari burrascosi che sfociano nel dramma e violenza psicologica. La trama è intensa: Maureen Folan (interpretata da Angiolini) ha quarant’anni e vive da sempre con l’anziana madre Mag (Ivana Monti) in una casa isolata tra le colline della Contea di Galway immobile e senza prospettive. Il loro legame si è trasformato in una prigione emotiva fatta di dipendenza, silenzi e piccoli ricatti quotidiani. La convivenza è un meccanismo doloroso e crudele che si ripete identico giorno dopo giorno. Il ritorno in paese di Patrick Dooley (Stefano Annoni), vecchia conoscenza di Maureen, apre alla donna uno spiraglio: la possibilità di una vita nuova, lontana da quella casa. Mag, incapace di accettare il possibile abbandono da parte della figlia e la solitudine, agisce con strategica crudeltà. Una lettera nascosta, una verità taciuta e una speranza infranta scatenano un lento scivolamento verso l’abisso, dove la vicinanza diventa veleno e il rancore si trasforma in rabbia feroce.
 
Durante la conferenza di presentazione, Angiolini, che in questo 2025 torna in scena al Parenti per la terza volta (dopo la serata-incontro con Milena Vukotic e l’opera Olivia Denaro), ha sottolineato l’importanza del messaggio di questo nuovo spettacolo: «Da giovedì portiamo in scena la contemporaneità. Parliamo del mondo d’oggi, una cosa che in pochi fanno nella nostra professione. Vogliamo trasmettere principalmente l’emotività. Il risultato numerico certo ci interessa, ma non è la priorità. Il paesino di Leenane è uno stile di vita. È un modo di stare su questa Terra. L’opera parla di un amore accantonato, che fa percepire le frustrazioni personali. Un amore che prova a delineare delle linee rosse da non oltrepassare. Un abuso di amore, soprattutto mentale, con i protagonisti incastrati dentro la loro anima e costretti a scivolare in un burrone personale infinito». L’attrice romana poi ha ringraziato il Teatro Parenti e la direttrice Andrée Ruth Shammah: «Chi lavora qui lo fa duramente. Questo teatro mi ha permesso di migliorare quotidianamente. Ho fatto un percorso di crescita costante, cinque anni fa non mi sarei mai sognata di andare in scena con quest’opera. Se non ci fosse Andrée molto del teatro contemporaneo sparirebbe. Ci siamo trovati bene da subito con l’intera compagnia, è un privilegio lavorare con loro».
 
Il regista Raphael Vogel ha elogiato le doti di Angiolini e poi ha spiegato la propria visione dell’opera: «Ambra è un vulcano di coraggio e energia. Si butta, scava nel profondo fino all'abisso quasi. Non si arrende mai, mi sorprende tanto. È un esempio lavorativo e un esempio di vita. Ci siamo subito trovati, perché entrambi amiamo questo testo e questo autore. L'opera, nonostante un’apparenza ironica e leggera, cova una tensione da thriller psicologico e una disperazione adatta ad un dramma. Portiamo in scena una giostra infinita, dove vittima e carnefice si scambiano di continuo il ruolo. L’ambientazione resta negli anni novanta per rendere onore all’autore, ma la storia è comunque attualissima. Vogliamo che lo spettatore percepisca il freddo la cupezza. Che stia in tensione, senza sentirsi leggero».
 
Infine la chiusura della direttrice Shammah, che si è soffermata sull’obiettivo principale del Teatro Parenti: far crescere i giovani e dare fiducia alle rappresentazioni più particolari. «Non ho mai voluto leggere il testo della Reginetta di Leenane. Io amo pezzi più leggeri, ma qui ho lasciato campo libero a mio figlio (Vogel, ndr) e Ambra. È la protagonista, ma allo stesso tempo una grande rivelazione che si rinnova anno dopo anno nel nostro teatro. Il nostro metodo consiste nello sviluppare un percorso personale degli attori. Dando loro tempo e proteggendoli. Prima li facciamo partire nelle piccole sale e poi piano piano li mandiamo nella Sala Grande, davanti al pubblico numeroso. Perché il teatro è fatto col pubblico e cresce con esso».