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LA CITTA' DIVENTA PALCOSCENICO
Non poteva esserci un inizio più potente e simbolico per il Ravenna Festival: questa sera alle 20 andrà in scena la prima di Inferno. Chiamata pubblica per la Divina Commedia di Dante Alighieri. Uno spettacolo commissionato dal festival a Marco Martinelli ed Ermanna Montanari che, prima ancora che registi, autori e attori teatrali, sono degli intellettuali a cui sta a cuore, sopra ogni altra cosa, la comunità, al cui benessere intendono contribuire, appunto, con la loro concezione moderna e innovativa di drammaturgia.
Il progetto che inaugura Ravenna Festival è di grande significato e fascino. Marco Martinelli ed Ermanna Montanari hanno raccolto la terribile sfida di tradurre in linguaggio teatrale il capolavoro donatesco, fondamento della lingua e della civiltà italiane. E, naturalmente, lo hanno fatto a modo loro. Anzitutto hanno pensato l'opera dantesca nei termini della sacra rappresentazione medievale e del teatro di massa di Majakovskij. Ne deriva che l'intera città di Ravenna si trasformerà in un palcoscenico. E qui viene il momento di parlare della seconda, geniale idea dei due registi: tutti i cittadini sono chiamati a partecipare, a farsi luogo, a costituirsi come comunità attraverso la poesia del sommo poeta.
Ciò avverrà secondo una duolice modalità. Nell'Inferno interpretato dal Teatro delle Albe Dante diventa spettatore, che compie il suo viaggio - fisico e spirituale - attraverso i gironi danteschi. La sua guida, Virigilio, lo attenderà al sepolcro di Dante, nel cuore del centro storico di Ravenna, dove la rappresentazione avrà inizio: ad accogliere gli spettatori, gli stessi Martinelli e Montanari nelle vesti di custodi del luogo. Da lì, condurranno Dante e la cittadinanza fino al Teatro Rasi (peraltro già chiesa romanica di Santa Chiara, convertita in teatro alla fine dell'800) che si trasformerà per 34 giorni, come i canti dell'opera (dal 25 maggio al 3 luglio) nell'universo dell'inferno.
Il teatro si tramuterà nelle bolge infernali e lo spettatore dovrà attraversarlo, incontrando figure simboliche, cui daranno voce e corpo gli attori delle Albe e altri attori ospiti: Paolo e Francesca, Farinata degli Uberti, Cavalcante Cavalcanti, le tre Erinni, Pier delle Vigne, Brunetto Latini, Malacoda e Malebranche, Vanni Fucci, Ulisse, il conte Ugolino.


CITTADINI-ATTORI IN NOME DI TUTTI NOI
Una performance ben diversa a quelle a cui siamo abituati, dunque, in cui lo spettatore è chiamato a farsi parte dello spettacolo, come suggerisce il movimento che è chiamato a compiere.
Ma non è finita, non abbiamo ancora menzionato l'aspetto forse più priginale e pregnante del progetto. Ben 700 cittadini, 600 ravennati e 100 da fuori città, hanno risposto alla "chiamata pubblica" per partecipare a Inferno e sono statui divisi in vari cori: il coro dei cittadini (canti I e II), quello “dei Soldati”, “di Paolo e Francesca” (canto V), degli “Avari e scialacquatori” (canto VII), il coro “Erinni e Arpie” (canti VIII, IX e XIII), il “Flegetonte” (canto XII), gli “Usurai, i Ruffiani e i Simoniaci” (canto XVII, XVIII, XIX), il coro dei diavoli, guidati da Malacoda (canto XXI), dei “serpenti” (canti XXIV e XXV).
Non si tratta di un'improvvisazione, bensì dell'atto finale di una "chiamata pubblica" e di una lavoro compiuto anzitutto sul testo dantesco e poi sulla recitazione. Quei 700 cittadini-attori rappresentano tutti noi, sono lì a compiere, accanto agli attori professionisti, per noi e con noi un viaggio dentro la nostra umanità perennemente sospesa fra il pericolo di smarrirsi e l'aspirazione alla redenzione. E in questo viaggio ciascuno potrà riconoscere la propria storia e le radici culturali da cui proviene.
«Quella della Divina Commedia – spiegano Marco ed Ermanna – è una sfida che culliamo dall’adolescenza, da quando, nella stessa aula scolastica del liceo Dante Alighieri di Ravenna, ascoltavamo per la prima volta la musica di quei versi. Questo è il nostro intento: misurarci con quella poesia vertiginosa senza tradirla e senza rimanerne schiacciati. Prendere seriamente l’intento dell’autore, anacronistico e presuntuoso rispetto ai nostri tempi, quando dice che scopo del suo poema è quello di indicare al lettore la via verso la “felicità”».
Anche Famiglia Cristiana parteciperà a una di queste rappresentazioni e vi racconterà l'esperienza in uno dei prossimi numeri della sua versione cartacea.



