Si potrebbe scomodare l'anima in vendita, e chiedersi se vale o non vale un Resort, ma siamo nel pallone, e i colori sociali stravolti e rinnegati, in improbabili accostamenti da trasferta in nome di una maglia venduta in più, la dicevano già lunga. Si potrebbe scomodare il concetto di integrazione, di interrelazione tra culture, ma parlare di cultura in un ambiente dove spesso la principale occupazione intellettuale è rappresentata dalla playstation è quantomeno sovradimensionato.
Fatto sta che il Real Madrid ha scelto di eliminare la piccolissima croce che dal 1920 appariva sul suo stemma per non correre il pericolo che rappresentasse un ostacolo alla costruzione di un fantasmagorico impianto turistico miliardario nell'isola di Ras-al-Khaimah degli Emirati Arabi Uniti. Stando alla ricostruzione del quotidiano spagnolo Marca, «i responsabili del club hanno deciso di «prescindere dalla croce che c'è sulla corona dello stemma per evitare in questo modo qualsiasi tipo di confusione o di cattiva interpretazione in una zona con una grande maggioranza della popolazione che professa la religione musulmana».
Insomma una sorta di favore non richiesto, un passo indietro sulla propria storia: la quintessenza dell'autocensura preventiva. Eppure quella croce, che prima di essere un simbolo cristiano è parte dello stemma araldico della Corona di Spagna, era davvero un pezzo di storia: il segno dell'investitura reale di Alfonso XIII.
Ma il calcio non si pone di questi problemi: in nome dei quattrini degli Emirati rinnega il proprio simbolo e in nome dei soldi degli abbonamenti non prende le distanze dai buuuu razzisti della curva, senza preoccuparsi della contraddizione. Non c'è valore che non soccomba a una robusta iniezione di dollari, non c'è occhio che non si chiuda.
Quando qualcuno chiederà conto di quel favore non richiesto al club madrileno, probabilmente, senza dire in latino che pecunia non olet, scomoderanno il dialogo, senza sapere che viene dal greco dialégomai, "ragiono con", senza rendersi conto che non si ragiona con nessuno e che non c'è spazio di integrazione, né di dialogo, dove si rinnegano le proprie radici senza conoscere le radici degli altri.
Ancora meno disconoscendo, nel trasformare il "politicamente corretto" in "politicamente ignorante", quel che nelle radici c'è di comune. Se gli arabi pensassero di cancellare le loro tracce dalla Spagna, per non urtarne la sensibilità, cancellerebbero un numero di parole significativo dal vocabolario castigliano e abbatterebbero una quantità imprecisata di palazzi meravigliosi. Ma questo chi contratta nel pallone non lo sa: guarda il mondo da un rettangolo di prato e non conosce architettura al di fuori degli stadi.


