«Tex ha settant’anni, proprio come me». Sergio Cofferati e il ranger più famoso dei fumetti apparso per la prima volta nel 1948 sono davvero cresciuti insieme. Mentre il secondo si trasformava da fuorilegge in eroe al servizio dei più deboli, il primo a 4 anni già sfogliava le sue avventure. «Ho imparato a leggere con Tex. Alternavo i suoi albi con quelli del Corriere dei piccoli, dove mi piaceva l’ironia bonaria del signor Bonaventura: due mondi opposti. Delle storie di Tex mi hanno sempre affascinato il senso della giustizia, la difesa degli oppressi, in particolare degli indiani. In questo ha anticipato anche i western, dove gli indiani erano solo banditi che assaltavano le diligenze. Per non parlare del tema dell’uomo bianco che non solo non teme un popolo di un’altra etnia, ma si schiera dalla sua parte, fino ad arrivare addirittura a sposare la figlia del capo della tribù Navajo e a chiamarsi come uno di loro, Aquila della notte: un messaggio attualissimo oggi più che mai».

Eppure quando il piccolo Cofferati si faceva catturare dalle avventure del suo eroe, non erano tempi facili per i fumetti. Nel 1951 la futura presidente della Camera,la comunista Nilde Iotti scrisse sulla rivista del Pci Rinascita: «La gioventù che si nutre di fumetti è una gioventù che non legge e questa assenza di lettura nel senso proprio della parola non è l’ultima tra le cause di irrequietezza, di scarsa riflessività, di deficiente contatto con il mondo circostante e quindi di tendenza alla violenza». Un’opinione condivisa dai democristiani. Sempre nel ’51, due deputati, Federici e Migliori, presentarono un progetto di legge che istituiva un controllo preventivo sui fumetti. Per evitarlo, il creatore di Tex, Gianluigi Bonelli, creò una sua commissione di autocensura con tanto di marchio sugli albi: “M. G., Garanzia Morale”.

Ecco che allora nelle ristampe dei primi albi gli “scagnozzi” si trasformavano in innocui “uomini”, le gonnelline delle belle squaw indiane si allungavano fino alle ginocchia e le pistole che impugnavano le donne sparivano per lasciare il posto a mani che indicavano qualcuno. «Ricordo bene quei tempi», aggiunge Cofferati, «e quanto fosse infondata l’idea che i fumetti allontanassero i ragazzi dai libri. Anzi, per me è stato l’opposto: Tex mi ha fatto venir voglia di conoscere meglio l’America e così ho iniziato a leggere Hemingway, Steinbeck, Dos Passos». Del resto, come lo stesso Bonelli ha rivelato, Tex è figlio dei personaggi dei romanzi d’avventura di Emilio Salgari. Una passione che anche l’ex segretario della Cgil condivideva: «Sono cresciuto come tanti miei coetanei con la saga dei pirati della Malesia e del Corsaro Nero».

La passione di Cofferati per Tex è diventata nota negli anni in cui ha guidato Bologna, a causa di alcuni provvedimenti per l’ordine pubblico che gli fecero guadagnare l’epiteto di “sindaco sceriffo”. «Ho sempre detto che non prendevo questa definizione come un insulto, perché nei western lo sceriffo è il buono che difende i deboli, proprio come fa il ranger Tex». Un gioco che lo divertì al punto da farsi disegnare mentre stringe la mano al suo eroe.

Finita l’esperienza da sindaco, Cofferati ha deciso di lasciare a Bologna la sua raccolta di Tex dal primo numero fino al 500: è stata messa in vendita e il ricavato è servito a finanziare i doposcuola. La sua casa tanto continua lo stesso a essere invasa dai fumetti: «Conservo gli speciali di Tex degli ultimi dieci anni, insieme ad altri fumetti. E li metto sullo stesso scaffale dei libri perché, ripeto, per me non sono prodotti di serie B». E, proprio come faceva da bambino, si fionda in edicola appena esce il nuovo albo del suo eroe: «L’unica differenza è che prima lo divoravo subito. Ora lo leggo appena ho un po’ di tempo, di solito in treno. Per il resto, non è cambiato niente: mi faccio catturare dalla lettura e dimentico tutto. Solo a volte, alla fine, mi viene un po’ di nostalgia».