Un premio alla convivenza, al luogo della memoria sparita, un premio ai giovani di Srebrenica, la città martire del genocidio musulmano durante la guerra in Bosnia. La Fondazione Benetton Studi e Ricerche ha assegnato sabato 10 maggio a Treviso il sigillo del Premio internazionale Carlo Scarpa ad un gruppo di giovani, serbi e musulmani, che hanno visto l’orrore negli occhi e nelle parole dei loro genitori e che nonostante la dosi di odio che ancora ci sono in Bosnia a vent’anni dalla fine della guerra, hanno deciso di tornare a Srebrenica e nei villaggio della montagna sopra la città per ricostruire la convivenza nei luoghi nei luoghi della loro infanzia.

Il Premio è intitolato ad uno dei massimi architetti del Novecento, morto a Venezia nel 1978. La Fondazione Benetton da 25 anni assegna il premio a chi ricompone in luoghi altamente simbolici la trama della convivenza in spazi da abitare, terre da coltivare, case da ricostruire e memorie da conservare. Nel passato è stato assegnato da villaggi africani, alla cave di pietra di Selinunte, al bosco di Sant’Antonio in Abruzzo, ai giardini del castello di Praga. Tutti luoghi altamente simbolici di valore e cura per il paesaggio e  la memoria dell’uomo. Quest’anno il premio è andato ai villaggi e ai giovani di Osmace e Brezani, sulle montagne sopra Srebrenica, dove una decina di famiglie giovani sono tornare da pochi anni a coltivare il grano saraceno, pianta che resiste al freddo, alla felce aquilina che infesta dopo vent’anni di incuria dovuto al conflitto queste zone e all’assalto dei cinghiali per i quali è velenoso. Il grano saraceno è diventato il simbolo della resistenza all’odio etnico e insieme simbolo di riscatto di una nuova convivenza. Il progetto premiato si chiama “seminando il ritorno” e coinvolge la cooperazione di molte associazioni italiane con al primo posto la Fondazione Alexander Langer. Un reportage sulla storia dei villaggi di Osmace e di Brezani e sui giovani di Srebrenica sarà pubblicato da Famiglia Cristiana numero 21. E’ una delle poche storie di riscatto per una diversa convivenza in Bosnia, oltre il governo delle etnocrazie, che la Bosnia e Erzegovina sperimenta a vent’anni dalla fine del conflitto.