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Gentile dottore, pur essendo un adulto, premetto che condivido la preoccupazione dei giovani su un’emergenza climatica che potrebbe cambiare il modo di vivere delle prossime generazioni, in un mondo di domani ormai rovinato. Colgo però una differenza tra i ragazzi delle scuole che manifestano pacificamente al venerdì nei Fridays for future e quello che altri loro coetanei, o poco più grandi, mettono in atto per sensibilizzare sulla crisi climatica. Sporcare il palazzo del Senato o quadri di inestimabile valore nei musei: non le sembra che ci sia un’esagerazione fine a se stessa, che scandalizza le persone ma alla fine ottiene l’effetto contrario? O forse l’obiettivo è fare azioni eclatanti, l’importante è che se ne parli? GIANNI
— Caro Gianni, sono spesso i giovani che mettono in atto comportamenti disturbanti, e magari di rottura, perché sentono che è il momento di cambiare le cose. È sempre stato così: tante volte i movimenti di protesta sociale sono partiti da loro. Ed è così anche questa volta. Sulle prime queste azioni infastidiscono profondamente: si avverte una mancanza di rispetto per le istituzioni o per i capolavori dell’arte. Se però si va a guardare più a fondo, si scopre che molte volte si tratta di azioni inoffensive: pittura lavabile contro il Senato, minestra di verdure sul vetro che protegge i Girasoli di Van Gogh. E si prova invece a pensare ai danni ben più gravi, e meno riparabili, provocati dall’inquinamento, dall’uso dissennato delle energie fossili, dalla disattenzione per gli equilibri della natura: sparizione di specie animali, riduzione dei ghiacciai, desertificazione di zone immense... E alle conseguenze che patiscono milioni di esseri umani, sul piano alimentare e della vivibilità delle loro terre. C’è da chiedersi allora se stiamo davvero facendo abbastanza, sia nel nostro piccolo sia come cittadini. In questa ottica, la condanna unanime e sdegnosa dei politici assume un sapore sgradevole, quando si pensa alla scarsa attenzione che la crisi climatica ottiene nelle scelte governative. La protesta può servire se tiene viva la pressione perché i responsabili politici mettano in campo misure efficaci, ma anche se induce ciascuno di noi, semplici cittadini, ad attuare comportamenti più virtuosi.
Da questo punto di vista, sarebbe opportuno che i giovani attivisti fossero più attenti a creare un consenso ai loro gesti, spiegandoli in modo chiaro. L’azione senza la parola non è sufficiente, specie quando è così disturbante. Come pure dovrebbero astenersi da altri tipi di protesta, come il blocco delle vie di comunicazione con i relativi problemi di traffico, che, danneggiando i cittadini che ne sono coinvolti, possono far perdere loro l’appoggio in una battaglia così importante



