Gentile psicologo, vorrei sentire il suo parere sul fatto accaduto a Rovigo in cui un’insegnante è stata colpita in una classe di prima superiore con pallini di gomma sparati da una pistola ad aria compressa. Il fatto è stato ripreso dai cellulari e diffuso dai ragazzi. L’insegnante ha deciso di sporgere denuncia al Tribunale dei minori verso tutta la classe, sia per chi ha compiuto il gesto che per coloro che hanno assistito senza intervenire; anche perché afferma di non avere mai ricevuto delle scuse dai ragazzi per quanto accaduto. Io credo che abbia fatto bene, perché non si possono superare certi limiti di rispetto verso gli adulti. Però mi sono anche chiesta se sia sufficiente un’azione di questo genere per dei ragazzi che stanno crescendo e che devono essere anche educati, e non solo puniti. MARZIA —

Cara Marzia, il comportamento dei ragazzi è oggettivamente grave e, come sembra, la mancanza di un atto di riparazione da parte della classe (gli allievi, ma anche i genitori) fa riflettere. Il video, riportato anche da alcune fonti di stampa, è triste. Soprattutto perché esprime quello che credo sia l’incubo di ogni insegnante: una classe di ragazzi senza controllo che sopraffanno un adulto solo. Una situazione penosa per l’uno e per gli altri. Il rischio in questi casi è pensare di risolvere il problema ricercando un colpevole: i ragazzi, artefici o complici del gesto? I genitori, colpevoli di scarso interesse? L’insegnante, che magari non è in grado di gestire la classe? Si perderebbe così un’occasione preziosa per attivare un pensiero tutti insieme su che cosa significa fare scuola oggi Occorre riconoscere la problematicità di un’esperienza in cui non funzionano più gli schemi di un tempo: il professore che fa lezione spiegando e interrogando, gli allievi che ascoltano e studiano. È cambiato il modo di imparare, il modo di stare insieme degli adolescenti. Occorre riflettere sul fatto che una classe non è un gruppo di ragazzi, ma un intreccio di relazioni, un luogo di scambi, in cui ogni docente che entra sa di inserirsi in una dinamica dove spiegare e imparare non riguarda solo le teste dei ragazzi, ma soprattutto i loro cuori. È questa l’unica strada che oggi permette di esercitare un controllo su un gruppo di adolescenti, che consenta loro di attivare le menti e di apprendere. Non ci è dato di sapere se, al di là delle denunce e delle sospensioni, ci sia stato un momento di confronto tra la scuola e le famiglie della classe di Rovigo in cui sono avvenuti questi fatti. Un dialogo è necessario, non per cercare i colpevoli, ma per trovare un terreno comune e ricostruire un’alleanza educativa. Soprattutto per dimostrare che non si ha paura gli uni degli altri, ma ci si può guardare negli occhi ed esprimere ciò che si pensa: da parte degli adulti come da parte dei ragazzi.