Lui mi ha tradito: ora è pentito, ma io non so come credergli... Mi dice che l’ho aiutato quando ho scoperto il tutto… e ora fa tutto quello che gli dico. È diventato il marito ideale: si ricorda il suo contributo ai lavori di casa, mi porta un fiore. Io gli do anche “penitenze” (me ne vergogno). E lui non si tira indietro. Però non posso dire che l’ho perdonato. Come si fa?

RAFFAELLA


Ti manca un passo importante, cara Raffaella, perché il perdono, che tu vuoi donare con tutte le tue forze, diventi un “perdono di coppia”. Mi sembra di sentirti ribattere: “Ma io non solo lo perdono, ma mi sforzo di amarlo più di prima...”. Tutto vero. Ma qualcosa manca, tu lo senti benissimo.

Qual è il punto? Il passo che rinnoverebbe davvero il vostro matrimonio? Il fatto è che c’entri anche tu! Non obiettarmi subito che tu non hai fatto niente di male, che anzi sei sempre stata una moglie fedele e premurosa. Vedi, è proprio questo auto-assolverti al cento per cento (una moglie mi diceva: “Io avrei uomini ai miei piedi quanti ne voglio, eppure non l’ho mai tradito neanche col pensiero”) che ti allontana dal vero perdono, nonostante le tue buone intenzioni. “Io non c’entro” è una bandiera che spesso si sventola in famiglia (puoi leggere Gillini-Zattoni, L’altra trama, Ed. Ancora) ma che non funziona. Il “c’entro anch’io” è il vero linguaggio familiare: non significa caricarsi di colpe che non si hanno (che di solito non sono “colpe”), ma avere il coraggio di “stare dentro”, di non ritagliarsi un lenzuolo di innocenza per proclamare: “Sei tu che hai tradito, e non io!”. Questa non è la via del perdono: rappresenta la via della discolpa, del “tirarsi fuori”.

Vedi, forse tu puoi chiedere a tuo marito: “Come potrei essere una moglie migliore per te? Cosa potrei fare?”. E ascoltarlo. Questo è il perdono “creativo”, che ci fa nuovi. Provaci.