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L’atto di dolore, al termine della Confessione, si può recitare con formule diverse. Il Rituale della Penitenza (1974) ne propone più di una, anzi invita il penitente a esprimere con parole sue il pentimento per aver offeso l’amore di Dio e tradito la sua fiducia. La formula tradizionale («perché ho meritato i tuoi castighi») a molti crea difficoltà, perché fa pensare a Dio che punisce e castiga. E ciò contraddice il vero volto di Dio che, in Gesù Cristo, si rivela come liberatore e salvatore e mai come autore di disgrazie; queste non vengono da Dio, non sono suoi castighi.
Dio, invece, dona l’aiuto per superarle e trasformarle in occasioni di bene. In unione al mistero di passione, morte e risurrezione di Gesù Cristo, ha senso viverle in espiazione (purificazione) dei peccati. Così la Chiesa prega per le anime del Purgatorio, perché si completi, per loro, la purificazione dai peccati per una piena comunione con Dio. Ma tutta la vita è tempo di grazia, di perdono e di espiazione dei peccati commessi.



