Martire della purezza a soli sedici anni, Antonia Mesina è la prima giovane dell’Azione Cattolica Femminile Italiana ad essere elevata all’onore degli altari. Nata a Orgosolo, diocesi di Nuoro, il 21 giugno 1919, fu educata cristianamente dai genitori. Cresimata quando aveva poco più di un anno per l’impossibilità del vescovo di tornare a Orgosolo entro breve tempo, a sette anni fece la prima Comunione e, durante le elementari, frequentò con grande diligenza il catechismo parrocchiale, entrando nel 1931 a far parte delle Beniamine della Gioventù Femminile di Azione Cattolica. Ogni settimana si comunicava e frequentava le riunioni dell’Associazione, pur dovendosi occupare dei due gemelli avuti dalla madre nel 1935. In quel periodo, essendo in atto la cosiddetta “Crociata della purezza”, si parlava molto di Maria Goretti, martire di questa virtù, e Antonia più volte dichiarò alla mamma: «Meglio la morte che il peccato. Anch’io avrei preferito morire ed essere fatta a pezzi che offendere Dio». Il 17 maggio di quel 1935, dopo aver assistito alla Messa e fatto la Comunione, Antonia insieme ad un’amica si recò in campagna a raccogliere legna. Lì fu raggiunta da un certo Giovanni Ignazio Catgiu il quale, colpito dall’aspetto di Antonia che, fisicamente ben sviluppata, dimostrava più dei suoi sedici anni, le si avvicinò cercando di violentarla. Alle grida della ragazza che gli resisteva con tutte le forze, il Catgiu la colpì con un sasso, ma la giovane riuscì a sfuggirgli ed egli, raggiuntala, la finì colpendola ripetutamente alla testa. I carabinieri, avvertiti dall’amica che era fuggita terrorizzata, trovarono Antonia già cadavere con il capo orribilmente sfracellato. I funerali riuscirono un trionfo. I genitori perdonarono l’assassino, ma la Corte di Assise di Sassari lo condannò a morte per fucilazione, eseguita il 5 agosto, dopo che il giovane ebbe ricevuto tutti i sacramenti. La Mesina è stata beatificata da Giovanni Paolo II il 4 ottobre 1987.

   

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