Morire a vent’anni per difendere la propri dignità di donna: è successo a Teresa Bracco, durante l’ultima guerra, quando i tedeschi dopo l’armistizio dell’Italia con gli Alleati avevano invaso il nostro Paese rastrellando, fucilando e saccheggiando quanti trovavano sulla loro strada. Teresa era nata il 24 febbraio 1924 a Santa Giulia, oggi frazione di Dego in provincia di Savona, penultima di sette figli in una famiglia di saldi principi religiosi. Erano i tempi in cui ancora si pregava mattina e sera in famiglia e la Beata fin da piccola mostrò una singolare inclinazione alla pietà. Con la prima Comunione, ricevuta nel 1931, e due anni dopo con la Cresima, la sua vita spirituale andò crescendo: un giorno, colpita da un’immagine di Domenico Savio recante il suo famoso motto “La morte, ma non peccati”, la collocò in capo al letto e ne fece il programma della sua vita. Dopo le scuole elementari, alternava la sua giornata nel lavoro in casa, nei campi e in chiesa, dove assisteva quotidianamente alla Messa, recitava il rosario e cantava inni alla Madonna. Inoltre, invitava quanti lavoravano con lei nei campi a unirsi alle sue preghiere. Il 28 agosto 1944 le truppe naziste effettuarono un metodico rastrellamento a Santa Giulia; in un gruppo di coloro che, terrorizzati, cercavano scampo nella fuga, c’era anche la nostra Teresa. Ad un’amica che l’aveva messa in guardia da possibili tentativi di violenza da parte dei soldati, disse: «Piuttosto che lasciarmi profanare preferisco morire uccisa». Catturata, separata dal gruppo e trascinata in luogo solitario, la sentirono gridare «No, non voglio!». Lottò eroicamente contro il militare che voleva violentarla finché questi, non essendo riuscito nel suo intento la soffocò, finendola poi con un colpo di pistola. La sua tomba fu subito meta di pellegrinaggi specialmente da parte dei soci dell’Azione Cattolica. Avviato il processo canonico, Giovanni Paolo II beatificava la Bracco il 24 maggio 1998.