Liturgia del giorno:
At 2,14.22-33; Sal 15 (16); Mt 28,8-15
Vincenzo Ferrer, domenicano e grande predicatore, visse nell’età più tormentata della cristianità, lacerata dalla cattività avignonese con l’elezione di papi e anti-papi, e dallo scisma d’Occidente. Nato a Valencia (Spagna) nel 1350, entrò nell’ordine dei Predicatori a 17 anni, venendo poi ordinato sacerdote nel 1378. Guarito da una grave malattia, si sentì investito della missione di portare il messaggio evangelico non solo ai cristiani, ma anche agli ebrei (convertì un famoso rabbino), ai mori (i musulmani che allora occupavano parte del Paese) ed agli eretici di allora, i cosiddetti “catari” (puri) e i valdesi. Nel 1390, quando giunse a Valencia il cardinale legato Pietro de Luna (futuro papa Benedetto XIII), egli ne divenne il teologo ufficiale, seguendolo nei suoi viaggi attraverso la Spagna, e ad Avignone dopo la sua elezione al pontificato, diventandone il confessore. Successivamente, a motivo dei primi disaccordi con lui, lasciò Avignone percorrendo l’Italia, la Svizzera e la Francia, adoperandosi, anche con una segreta attività diplomatica, per il ritorno della Chiesa all’unità. Dopo il concilio convocato a Perpignano dal pontefice avignonese, egli lo invitò ripetutamente a rinunciare alla carica. Si giunse poi al concilio di Costanza che con l’elezione di Martino V pose fine allo scisma. Quando Vincenzo predicava, sollecitando i cristiani ad una autentica conversione ed evocando come prossima la venuta dell’Anticristo, lo seguiva una folla di discepoli, ai quali impose regole di vita e un abito penitenziale. Morì il 5 aprile 1419 a Vannes, in Bretagna, durante una delle missioni che avevano anche lo scopo di porre fine alla guerra dei cent’anni che travagliava la Francia e l’Inghilterra. Dopo la canonizzazione ad opera di Callisto III nel 1455, il culto del santo si diffuse non solo in Spagna, ma anche in Italia, soprattutto in Piemonte, Lombardia e nelle regioni meridionali dove era passato predicando e convertendo.