Dopo aver lasciato Tenerife il pomeriggio del 22 novembre, memoria di santa Cecilia, la giornata di mercoledì 23 è stata dedicata per intero alla navigazione, alla volta di Malaga. Dalla cabina di comando ci comunicano che per le correnti e i venti contrari arriveremo a destinazione con circa due ore di ritardo. Poco male, si recupererà partendo due ore dopo dalla città spagnola e salvando l'escursione, che si annuncia moilto interessante.

La giornata si è aperta alle 10,30 con la celebrazione eucaristica, presieduta da don Giuseppe Lacerenza, che ha riflettuto su due parole del Vangelo del giorno: il pianto di Gesù sulla città di Gerusalemme, segno del suo dolore e della sua compassione per la Città santa che non lo riconosce, e la visita del Signore, il tempo di grazia non riconosciuto, come accade tante volte anche nelle nostre vite distratte o chiuse ai tanti “passaggi” del Signore.

A seguire, la bellissima meditazione biblica, la terza tenuta da Laura Paladino, sul tema dell’accoglienza e dell’integrazione dello straniero nella Bibbia. Tema di grande spessore e di attualità, che riserva sempre sorprese inattese. Facendo viaggiare gli ascoltatori per le pagine del testo sacro, Laura ha messo bene in rilievo la presenza di tante “straniere” nelle storie dei personaggi biblici maggiori, come Abramo (e la schiava Agar), Mosè (e la moglie Zippora, una egiziana probabilmente), Davide (e Betsabea, moglie dell’ittita Uria) e tanti altri ancora. Una meditazione trapuntata di tanta memoria biblica a volte dimenticata, per giungere fino alla genealogia di Gesù.

Nel pomeriggio alle 16, dopo le confessioni delle ore 15, il professore Nicolangelo D’Acunto, ordinario di Storia Medievale e Direttore del Dipartimento di Studi Medievali, Umanistici e Rinascimentali dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, ha tenuto la prima delle due conferenze dal titolo “Una convivenza complicata: Cristiani e Musulmani nel Medioevo nella Penisola Iberica”. Dopo avere fornito le coordinate cronologiche e geografiche della conquista musulmana, avvenuta nel corso del secolo VIII durante la dominazione della dinastia Omayyade, ha ricostruito le tappe della cosiddetta “Reconquista” da parte cristiana, iniziatasi nell’XI secolo con anticipo rispetto alle crociate in Terrasanta, e conclusasi con la caduta del regno di Granada nel 1492.

Come si spiega una dominazione così lunga degli Arabi sulla penisola Iberica? Che cosa conferiva una così grande stabilità alle istituzioni dell’Impero arabo, quasi a dispetto di una forte conflittualità interna al vertice del mondo musulmano? In primis i regimi teocratici che essi realizzarono imponevano ai popoli soggetti non la conversione ma solo il pagamento di un tributo. Ciò nonostante la grande omogeneizzazione religiosa ottenuta attraverso l’islamizzazione della maggioranza delle popolazioni assoggettate evitava i problemi derivanti dalla coesistenza di differenze religiose anche meno profonde (come la distinzione tra ariani e cattolici), che avevano indebolito in precedenza i regni romano-barbarici. Inoltre mentre nel resto d’Europa la conoscenza tra musulmani e cristiani era molto limitata (i Crociati pensavano di andare a combattere contro dei politeisti), in Spagna la oramai lunga consuetudine aveva reso più tranquilla la convivenza tra i membri delle due religioni, anche se non mancavano fasi di grande violenza nelle relazioni.

La percezione dei musulmani di Spagna in termini meno divisivi rispetto a quella che gli Occidentali avevano dei musulmani che vivevano in Oriente consentì notevoli scambi culturali, tecnologici ed economici. La civiltà araba funse così da cinghia di trasmissione tra il Mediterraneo (dal quale gli Occidentali a partire dal IX secolo si erano ritirati) e le altre civiltà di Asia e Africa. L’arrivo degli Arabi non significò per le popolazioni soggette un motivo di depauperamento ma piuttosto di miglioramento delle terre coltivate tramite tecniche innovative e l’introduzione di nuove colture. Per uno strano scherzo della storia la fine della Reconquista coincise con la inconsapevole partenza di Cristoforo Colombo verso il Nuovo Mondo nel 1492. La nuova rotta Atlantica avrebbe marginalizzato il Mediterraneo e gli Arabi che per secoli avevano funzionato da cinghia di trasmissione tra i suoi popoli e le altre civiltà.

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