PHOTO
La lunga navigazione che ci porterà da Barcellona a Casablanca e Rabat, in Marocco, scorre lenta. Le coste rocciose della Spagna occidentale che si intravvedono in lontananza scorrono adagio e ci danno l’intima sensazione del tempo che scorre. Ci stiamo dirigendo verso quelle Colonne d’Ercole che spalancano le porte alle immensità dell’Oceano atlantico. Fino a Cristoforo Colombo rappresentavano il finis terrae, una barriera insuperabile e un mistero sommo.
Domenica 19 novembre ci attendono Casablanca e Rabat.
La mattina è iniziata alle 10,30 con la Messa, presieduta da don Antonio Rizzolo. La parabola della vedova e del giudice ha ispirato la sua omelia, soprattutto riguardo al tema della giustizia, che diventa nell’insegnamento di Gesù la base per relazioni veramente fraterne. Dopo pranzo, Laura Paladino ci ha intrattenuti con la sua prima meditazione sul tema generale delle sue catechesi: “Di fronte all’altro: relazione, differenza/diffidenza, fratellanza nella tradizione biblica e cristiana”.
Abbiamo ascoltato che la fraternità è un dono, ma insieme anche un compito. «Nascere presuppone una relazione originale, quella dei genitori. Ma non sempre nascere presuppone un fratello», ci ha detto la biblista. La conseguenza di questa condizione umana è grande: «La relazione orizzontale è, a differenza di quella verticale con i genitori, è da accettare, da sviluppare, da custodire». La chiamata cristiana è, dunque, quella di relazionarci con l’altro, accogliendo come un dono e non come una maledizione la sua differenza. «In Genesi la donna è tratta dall’uomo, è “carne della sua carne”. La relazione originaria è priva, come dice il testo, di vergogna nonostante la loro nudità: questa è la vera relazione di fraternità nel principio, una intimità che è dono perché fondato sulla fiducia reciproca rappresentata dal fatto che i due non devono coprirsi». Il peccato, però, rompe quell’incanto: «La malizia del serpente rompe la relazione sponsale, perché l’accusa reciproca dell’uomo e della donna («è stato lui, lei») denuncia l’incapacità di amare l’altro come me stesso».
Laura ha poi ricordato che la prima volta in cui la parola “fratello” compare nella Bibbia è nell’episodio di Caino e Abele (Genesi 4). «Abele rappresenta tutte le vite spezzate della storia, che sembrano apparire solo per soffrire. Le loro vite, invece, sono profezia di una vita che non muore e che è difesa da Dio». La biblista ha fatto riferimento, quindi, ai tanti innocenti morti apparentemente senza lasciare traccia (i bambini abortiti, quelli morti nelle guerre, i diseredati, gli emigranti torturati e uccisi, ecc.) e che invece sono memoria del richiamo alla fraternità.
Cosa rompe, allora, la fraternità? «La sensazione che il fratello mi “rubi” qualcosa: questo è l’anti-principio che rompe le relazioni». Ma la Bibbia ci chiede di custodire il – anzi di fare la sentinella sul – nostro fratello. «Ognuno è custode di ogni suo fratello, perfino dell’omicida o del nemico», ha ribadito. La fraternità, in una parola, è un dono di Dio, da capire e da vivere nel cammino della vita. «Questo, in definitiva, è il messaggio ultimo di tutta la Scrittura. E questo perché il primo custode ne è Dio, che opera la salvezza di tutta l’umanità. Nessuno escluso. E questo perché Dio ha creato la differenza come arricchimento, differenza che ha come prospettiva l’unità nella differenza».
Don Stefano Stimamiglio
Direttore di Famiglia Cristiana
Vai alla FOTOGALLERY




