Non è mai la solita minestra

Il freddo è finalmente arrivato e con sé ha portato il desiderio di consumare quei cibi confortanti che profumano di casa. Tra questi rientra certamente quel vasto e variegato mondo che riguarda le zuppe e le minestre, piatti di antica memoria per eccellenza. La minestra nasce infatti per accogliere al suo interno tutto quanto vi fosse di disponibile, soprattutto nelle case più povere. Le prime attestazioni di questo nome, che secondo le fonti deriverebbe dal vero latino minestrare, risalgono al 1200; tuttavia il piatto affonda le sue radici ben più addietro nella storia, addirittura nel Paleolitico, quando si cominciarono a produrre recipienti di corteccia atti a contenere semi e radici triturate e poi bollite. Nell’Antica Roma si assiste a una grande proliferazione di questo piatto, che comincia a presentare connotati differenti a seconda della provenienza. Nel suo De Re Coquinaria, Apicio ci racconta della Tisana, una minestra di farina d’orzo, cipolle, coriandolo, cumino e finocchietto. Una variante è rappresentata dalla Tisanam Barricam, di origine etrusca, che unisce orzo, ceci, lenticchie, piselli, cavolo e finocchio. Cereali e legumi erano molto utilizzati al tempo; energetici ed economicamente convenienti, essi erano alla base dell’alimentazione delle classi meno agiate. Il loro utilizzo si è tramandato fino a noi, che continuiamo ad apprezzarne le qualità nutrizionali e ad utilizzarli come base per numerose tipologie di zuppe, come la famosissima Pasta e Fagioli, o le minestre di legumi tipiche del Centro Italia. La facilità di reperimento dei diversi ingredienti, nel tempo ha fatto sì che cadesse ogni sorta di vincolo della creatività e le zuppe hanno assunto le più disparate forme e sembianze. Oggi troviamo versioni raffinate come la Bouillabaisse marsigliese, delicate preparazioni vegetali come il Gazpacho e piatti sostanziosi come la Ribollita toscana, o la Minestra maritata campana. Non c’è limite alla fantasia, l’elemento essenziale è solo uno: deve farci sentire a casa. Ecco quindi le zuppe di tre ristoranti che ci hanno trasmesso questa sensazione.



Trippa
Via Giorgio Vasari 1, Milano – Telefono +39.327.6687908
www.trippamilano.it

La trattoria 2.0, firmata Diego Rossi e Pietro Caroli, è indiscutibilmente uno dei fiori all’occhiello della “Milano da mangiare”. Non lo pensiamo solo noi, visto che trovare un tavolo prima di un paio di settimane è praticamente improbabile. Trattoria o bistronomia che dir si voglia, prima di tutto parliamo di una cucina di assoluta qualità e di piatti dall’anima popolare e dall’aspetto rustico, processati con l’occhio critico, la selezione, la cura e le attenzioni normalmente dedicati a cucine dagli intenti ben più nobili. Carni mai meno che eccellenti (di provenienza Macelleria Martini, di Boves), verdure rispettate e valorizzate dalla sapiente cottura, sapori e profumi tradizionali concentrati, amplificati e cesellati attraverso la tecnica e l’esperienza, il tutto servito in porzioni considerevoli e proposto a prezzi decisamente corretti. Nel menù del giorno c’è sempre una zuppa, nel nostro caso una crema di cavolfiore con carciofi e polvere di liquirizia.



Oltre
Via Augusto Majani 1, Bologna – Telefono +39.051.0066049
www.oltrebologna.it

Bologna trova in Oltre l’ennesima sintesi, targata Daniele Bendanti e Lorenzo Costa. Atmosfera cosmopolita, con poltrone avvolgenti a preludio di una carta cocktail/vino davvero stuzzicante. Il tutto coadiuvato da una sala che marcia precisa e con una certa disinvoltura. Intorno al nostro tavolo, diverse lingue commentano il menu, a fumetti, interrogando la sala su che cosa siano balanzoni, garganelli o cotolette alla petroniana. La risposta è unica e non arriva dalla comprensione linguistica bensì dalla mimica facciale, autentico denominatore comune del godimento che scaturisce dai piatti serviti. Il tutto è saldamente ancorato alla tradizione cittadina, che ha fatto di questa città uno dei sancta sanctorum italiani del gusto e, va detto, della sana caloria. Menzione speciale per il Ramen All’Emiliana con la caratteristica callosità del tagliolino all’uovo, qui in veste di noodles e il tipico uovo nitamago, marinato nell’aceto balsamico tradizionale.


Le Macàre
Via Mariana Albina 140, Alezio (LE) - Telefono +39.0833.282192
www.lemacare.it

La storia del secondo dopoguerra narra di figure femminili che, in virtù di poteri magici, incutevano timore e rispetto. Alle macàre ci si rivolgeva per risolvere problemi e affari di cuore: malocchio, filtri, pozioni magiche, unguenti, incantesimi e fatture erano le “armi” del mestiere. Ad Alezio, nel profondo sud della Puglia, le streghe buone stanno in cucina e l’unica magia praticata per creare porzioni magiche è quella ai fornelli. Le Macàre è un’osteria atipica pensata dalla madre e cuoca Daniela Montinaro. Una sala rinnovata in perfetto stile nordico, di grande eleganza e con un arrendamento vintage e minimal non lascia presagire affatto una cucina tutta tradizione che scalda il cuore e allieta la pancia, espressione autentica del migliore Sud. Nessuna scorciatoia, pochi fronzoli e tanta manualità, dalla passata di pomodoro fresca ottenuta con l’indomabile spremipomodoro “della nonna”, alla pasta dei tortelli tirata in casa, al fragrante pane preparato con il lievito madre.  La portata che ci ha lasciato un ricordo indelebile è la Pasta mista con la zuppa di pescato del giorno, con le papille gustative che esultano al solo pensiero di poter ritrovare il mare nel piatto.