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Il cuore che il deserto risveglia
Ogni seconda domenica di Avvento la liturgia ci invita a incontrare Giovanni il Battista, il precursore che prepara il cuore dell’umanità alla venuta del Signore. Per descriverlo, gli evangelisti richiamano le parole di Isaia (40,3): «Voce di uno che grida nel deserto: Preparate la via del Signore». Quel versetto, nato per consolare gli esuli di Babilonia e annunciare il ritorno di Dio al suo popolo, diventa per Giovanni la chiave della sua esistenza. L’ha meditato a lungo, fino a riconoscervi la propria vocazione: essere voce, non protagonista; essere colui che avverte, orienta, scuote, e indica che il tempo della salvezza è ormai vicino.
Il Battista non è un personaggio facile da accogliere. Ha i tratti di uno che non cerca consenso: essenziale, radicale, quasi scolpito dal vento del deserto. Il confronto con Gesù mette in luce differenze evidenti. Giovanni sceglie la solitudine; Gesù attraversa villaggi e città. Giovanni vive di austerità; Gesù entra nelle case, siede a mensa con i peccatori. Giovanni parla del giudizio; Gesù annuncia una buona notizia che apre alla speranza.
Eppure Giovanni continua a esercitare un singolare fascino. Forse perché non edulcora il messaggio, non annacqua la verità per renderla sopportabile. In un tempo in cui spesso si evitano parole che disturbano, egli osa parlare alla coscienza. Non accarezza, risveglia. Ma il suo sguardo penetrante non si ferma alle situazioni più fragili. Anzi, le parole più taglienti le riserva a chi si rifugia dietro le proprie sicurezze religiose: «Non dite: abbiamo Abramo per padre. Dio può far sorgere figli di Abramo da queste pietre». È un avvertimento che ci riguarda. Non bastano riti, tradizioni o abitudini per sentirsi al riparo. Senza una reale conversione interiore, anche le pietre potrebbero essere più pronte di noi ad accogliere lo Spirito, che non si lascia imbrigliare dalle nostre garanzie esteriori.
Viene spontaneo domandarsi quale fosse il giudizio di Gesù su Giovanni. I Vangeli lasciano trasparire ammirazione: Gesù apprezza la forza della sua testimonianza, la coerenza, la passione per la verità. Non a caso inizia la sua predicazione con lo stesso invito: «Convertitevi». Ma fra i due c’è una differenza decisiva. Giovanni descrive un Dio che si avvicina per compiere un giudizio; Gesù rivela un Dio che si avvicina per offrire salvezza. Non perché ignori la gravità del male, ma perché mette al centro la misericordia: non è lo sforzo che apre la strada all’incontro con Dio, è l’incontro con Dio che rende possibile una vita nuova. La conversione non è un’impresa eroica, è la risposta a un amore che sorprende e precede. Questo è il primo movimento della fede: lasciarsi raggiungere da un Dio che non resta lontano, che non misura dall’alto, ma si fa compagno, incoraggiamento, pace.
In Avvento, la Chiesa è chiamata ad annunciare questo, non ad aggiungere pesi sulle spalle già stanche, né a unirsi al coro di chi condanna e recrimina, ma a mostrare il volto luminoso di un Dio che desidera la nostra rinascita. Il Battista ci libera dalla sonnolenza del cuore, ci prepara all’incontro. Ma è Gesù che porta a compimento il sogno di Dio: un amore che trascina fuori dalle paure, rinnova la vita e apre strade inattese.





