Vedere Dio, vivere in eterno nel suo amore

 

Vedendo le folle, Gesù salì sul monte: si pose a sedere e si avvicinarono a lui i suoi discepoli. Si mise a parlare e insegnava loro dicendo: «Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli [...]».

Matteo 5,1-3

 

l Vangelo di Marco, il più attento alla sequela e all’imitazione del Maestro, può essere ripartito in tre sezioni, che tutte si aprono con una professione di fede in Gesù e tutte si chiudono con una cecità sanata: l’evangelista ci conduce dall’annuncio del Battista alla guarigione del cieco di Betsaida (I sezione, Marco 1-8,26), dalla dichiarazione di Pietro in Cesarea di Filippo al risanamento del cieco di Gerico (Marco 8,27-10), dall’acclamazione di Gesù come «Colui che viene nel nome del Signore », fatta da tutto il popolo alle porte di Gerusalemme, alla cecità del cuore che si verifica dopo la Risurrezione (Marco 11-16), una incredulità ostinata che caratterizza in particolare gli apostoli. Il Signore rimprovera aspramente la mancanza di fede e la «durezza di cuore» dimostrate dai suoi, eppure li risana nella sua misericordia e offre a quegli stessi che non avevano creduto, «gli Undici riuniti a tavola», figura della Chiesa di ogni tempo, Corpo mistico di Cristo radunato intorno all’Eucaristia, la conferma del suo amore senza limiti e la stessa missione del principio: «Andare in tutto il mondo, predicare il Vangelo ad ogni creatura » (Marco 16,14-15), aprire ad ogni uomo le porte della Salvezza.

 

C’è una promessa di infinito in questa missione: tutti, dall’origine e senza distinzioni, siamo amati, chiamati alla vita senza fine e alla visione beatifica di Dio, attesi come figli! «E lo siamo realmente! Noi fin d’ora siamo figli di Dio, ma ciò che saremo non è stato ancora rivelato! Quando però Egli si sarà manifestato, noi saremo simili a Lui e lo vedremo così come Egli è!» (II Lettura, 1Giovanni 3). Vedere Dio è l’anelito di tutte le Scritture, l’attesa dei Profeti, la gioia grande di quanti in ogni tempo lo hanno cercato e lo hanno riconosciuto in Gesù: in Lui Dio si vede! Il vecchio Simeone, al termine della sua lunga esistenza, può stringere tra le braccia il Bambino nel Tempio di Gerusalemme ed esulta perché «i suoi occhi hanno visto la salvezza preparata dal Padre davanti a tutti i popoli» (Luca 2,30-31).

 

Nella solennità di oggi, massimo grado della festività nella Chiesa, ringraziamo il Signore per quanti già vedono il suo volto e vivono nella sua gloria, per la santità degli uomini e delle donne che, in ogni tempo, «sono passati attraverso la grande tribolazione e hanno lavato le loro vesti rendendole candide nel sangue dell’Agnello». Si tratta di «una moltitudine immensa, che nessuno può contare, di ogni nazione, razza, popolo e lingua» (I Lettura, Apocalisse 7): tutti i santi e le sante di Dio, già passati per questa terra, testimoniano a noi la certezza della fede, della speranza e della carità che ci sorreggono per le strade del mondo, pur tra le prove, le sofferenze, le tentazioni, le cadute; essi «hanno salito il monte del Signore» e «abitano nel suo luogo santo»: il Salmo 23 (Responsorio) ci invita a seguirne le orme custodendo «la benedizione di Dio», che è la vita che non muore, con «mani innocenti e cuore puro», senza menzogne. Il Vangelo ci offre le beatitudini nella versione di Matteo: già per il Battesimo siamo santi e siamo entrati nella vita! Se custodiamo relazioni feconde, con il Padre e con i fratelli, attraverso il nostro impegno quotidiano, semplice e sereno, per la pace, la giustizia, il bene, nella testimonianza franca della fede, ciascuno di noi costruisce e vive, già qui e ora, il Regno di Dio! Buona festa!