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Inviati insieme per annunciare
[Gesù] chiamò a sé i Dodici e prese a mandarli a due a due e dava loro potere sugli spiriti impuri. E ordinò loro di non prendere per il viaggio nient’altro che un bastone...
Marco 6,7-8
I chiamati compiono la missione non in virtù delle proprie competenze, ma per la grazia sovrabbondante di Dio che «ci ha benedetti con ogni benedizione spirituale nei cieli, in Cristo, e in Lui ci ha scelti prima della creazione del mondo per essere santi e immacolati di fronte a Lui nell’Amore». (II lettura, Efesini 1). Con questa certezza si muove già Amos (I lettura): «Non ero profeta né figlio di profeta; ero mandriano e coltivatore di sicomori. Il Signore mi chiamò mentre seguivo il gregge e mi disse: “Va’, profetizza al mio popolo”».
Ogni credente, in tutta la storia della Salvezza, e anche oggi, nel tempo benedetto che è il kairòs in cui viviamo e siamo chiamati ad operare, è invitato ad «ascoltare che cosa dice Dio, il Signore. La sua salvezza è vicina a chi lo teme; per il suo popolo, per i suoi fedeli, Egli annuncia la pace» (Salmo 84, Responsorio), servendosi, in ogni tempo, di quanti sceglie in modo speciale: il Vangelo (Marco 6,7-13) ci presenta la “chiamata” e l’effettivo invio dei Dodici, già «costituiti» da Gesù «perché stessero con Lui e per mandarli a predicare, con il potere di scacciare i demoni» (Marco 3,14-15).
La sequela degli apostoli, la loro attività, la fecondità della loro missione passa per l’intimità con il Figlio: il collegio istituito, con le singole individualità nominate una ad una (Marco 3,16- 19), immagine della Chiesa Sposa, accompagna in unità il Maestro in Galilea, assiste alle calunnie degli «scribi discesi da Gerusalemme» (3,22-30) e all’intervento della madre e dei fratelli del Signore; impara che solo chi compie la volontà del Padre è realmente «fratello, sorella e madre» del Figlio (3,31-35); ascolta e comprende, nell’intimità speciale con il Cristo, le parabole del seminatore e dei semi, evocazione del Regno e dei suoi operai (4,1-34); vive, «nel passare all’altra riva», l’esperienza della tempesta, la paura, la desolazione dell’assenza, la salvezza potente di una Presenza amante e viva (4,35-41); “al di là del mare”, in territorio pagano, è testimone della liberazione dell’indemoniato di Gerasa, e, «passato di nuovo a questa riva», della guarigione dell’emorroissa.
“Insieme” Pietro, Giacomo e Giovanni, esemplificazione apostolica del primato, del martirio e della predilezione, assistono al miracolo della risurrezione della figlia di Giairo, opera di Colui che è Signore e datore della Vita: conoscono, così, l’amore senza fine di Dio per ciascuno dei suoi figli, tale da «non fare preferenza di persone» (Atti 10,34), perché tutti siano accolti in un abbraccio che guarisce e «fa nuove tutte le cose» (cfr. Apocalisse 21,5).
Gli apostoli sono «inviati» a fare altrettanto, «a due a due», cioè “insieme”; alla Chiesa radunata nell’intimità con lo Sposo e unita nel vincolo dell’amore, costituita da individualità diverse, “fatte uno” in Gesù, il Signore «dà il potere» che è suo: offrire speranza, portare pace, annunciare la salvezza, «ungere di olio» nei sacramenti, guarire, vincere il male! «In Lui anche noi, dopo avere ascoltato la Parola di verità, abbiamo ricevuto il sigillo dello Spirito Santo» (II lettura, Efesini 1,13): assumiamo dunque la missione potente di battezzati, suoi luminosi testimoni nel mondo!



