«Roba mia, vientene con me!»

Fate attenzione e tenetevi lontani da ogni cupidigia perché, anche se uno è nell’abbondanza, la sua vita non dipende da ciò che egli possiede Luca 12,15

L'evangelista Luca ci propone una catechesi forte e limpida: Gesù invita a prendere le distanze dall’attaccamento ai beni materiali. Non chiede di disprezzare ciò che abbiamo, ma di non lasciare che il cuore vi si imprigioni. I beni della terra servono, ma non salvano. Giovanni Verga, verso la fine dell’Ottocento, racconta in una novella il dramma del possesso. Il protagonista de La roba è Mazzarò, un uomo che ha accumulato immense ricchezze. La sua campagna è piena di possedimenti, ovunque si legge la scritta “di Mazzarò”. Tutto è suo, o almeno così crede. Ma arriva il giorno in cui anche lui si accorge che dovrà morire… E allora, che ne sarà di tutta quella roba per cui ha vissuto e faticato? È uno dei momenti più tragici della letteratura italiana: Mazzarò, sconvolto, gira per l’aia tirando calci alle galline e grida: «Roba mia, vientene con me!». È disperato, perché deve lasciare tutto. E si scopre poverissimo, proprio nel momento in cui dovrebbe raccogliere il frutto della sua vita.

Quello che accade a Mazzarò, prima o poi accadrà anche a noi. Lasceremo tutto. Per questo siamo sapienti solo se impariamo a non attaccare troppo il cuore a ciò che possediamo. La vita non consiste nel possedere cose o persone. Quante relazioni si ammalano per l’istinto del possesso!

A volte sembra amore, ma è solo dominio, controllo, la pretesa di tenere l’altro in pugno. Ma l’amore vero è libertà, dono, fiducia. Gesù non usa mezzi termini. Chi accumula solo per sé è uno sciocco. La parabola del ricco stolto è una denuncia radicale di questo stile di vita: l’uomo pensa solo a ingrandire i suoi magazzini, ad accumulare di più, a godersi il riposo...e non si accorge che sta perdendo la sua anima. Alla fine, Dio gli dice: «Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita. E quello che hai preparato, di chi sarà?».

«Così è di chi accumula tesori per sé e non si arricchisce presso Dio». C’è una ricchezza che non muore, un tesoro che ci accompagna per sempre: è ciò che abbiamo donato, ciò che abbiamo condiviso, l’amore vissuto. Non si tratta di scegliere una vita disincarnata, spiritualista. Gesù non disprezza la ricchezza, ma ci insegna a usarla bene. Il denaro serve: ma bisogna amministrarlo con sapienza, metterlo a servizio della giustizia, della fraternità, della pace. La grazia di Cristo ci rende ricchi in un altro modo: ci riempie di vita, di entusiasmo, di libertà, di generosità. Questa è la ricchezza che conta.

Quando il Signore ci chiamerà, non porteremo con noi la “roba”, ma tutto ciò che abbiamo amato, donato, costruito nel bene. Quello sarà il nostro tesoro eterno. «Dov’è il nostro tesoro, là sarà anche il nostro cuore». E se il nostro cuore è già in Dio, se è colmo di amore, non lasceremo indietro nulla: tutto ciò che abbiamo vissuto nel bene ci seguirà. Sarà la nostra gioia piena nel Regno del Risorto.