Quale fede ti muove?
Se aveste fede quanto un granello di senape, potreste dire a questo gelso: «Sràdicati e vai a piantarti nel mare», ed esso vi obbedirebbe Luca 17,6
Gli apostoli, consapevoli di avere risorse limitate, si rivolgono a Gesù con una richiesta sincera: «Accresci in noi la fede!». Con queste parole chiedono una fiducia più profonda in Dio. Non si tirano indietro e non rinunciano ai loro compiti; al contrario, cercano una relazione più stretta con il Signore, consapevoli che da soli non potrebbero affrontare tutto ciò che li attende. Gesù, tuttavia, non risponde semplicemente con un sì immediato, ma con una parola che sorprende: «Se aveste fede quanto un granello di senape…». Con l’immagine di un seme piccolo e apparentemente insignificante, mostra che non è la quantità di fede a determinare la sua efficacia, ma la qualità e la vitalità di una fede autentica. Anche un piccolo frammento di fede, se sincero e vissuto con costanza, può compiere meraviglie che, agli occhi umani, sembrerebbero impossibili. Non conta la quantità della fede, ma la sua qualità.
Nella prima lettura, il profeta Abacuc (1,2-3; 2,2-4) ci offre un esempio concreto di questa fiducia. Scrive in un periodo drammatico per Israele, quando Gerusalemme è minacciata e la società appare corrotta. Il profeta si lamenta con Dio per la violenza e l’ingiustizia che vede intorno a sé, esprimendo sentimenti che rispecchiano i nostri stessi dubbi: sembra che Dio non intervenga, sembra che il male domini e che il Signore resti silenzioso.
Ma Dio risponde con chiarezza: ha stabilito un tempo preciso per fare giustizia e ricorda che la condizione fondamentale per vivere è la fedeltà: «Il giusto vivrà per la sua fede». In ebraico, la parola “fede” (‘emunáh) significa solidità e fiducia, indica un fondamento saldo su cui costruire la propria vita. Non significa pretendere che Dio faccia ciò che vogliamo noi o secondo i nostri tempi, ma accogliere il suo agire, affidandosi pienamente, anche quando non comprendiamo tutto. Come scrive Manzoni ne I promessi sposi: «Dio dispone tutte le cose per un fine che spesso l’uomo non vede».
Anche gli eventi più ordinari o le difficoltà più grandi possono trasformarsi, nelle mani di Dio, in strumenti di bene e di crescita. La fiducia in lui trasforma la realtà, anche quella che appare più insignificante.
Dopo aver insegnato la forza della fede, Gesù introduce un altro insegnamento fondamentale con la parabola del servo. Racconta di un contadino e del suo schiavo, che lavora duramente nei campi e poi continua a servire in casa. La parabola non descrive ciò che Dio fa per noi, ma indica la postura che dobbiamo assumere davanti a lui.
Non dobbiamo sentirci privilegiati, né confrontarci con gli altri, né cercare riconoscimenti. Il nostro compito è vivere nella disponibilità e nella gratitudine, facendo con dedizione tutto ciò che ci è affidato. Il messaggio è chiaro e profondo: chi compie il proprio dovere non deve vantarsi, ma nemmeno sentirsi inutile o insignificante. Ogni azione, anche la più piccola e apparentemente semplice, ha valore agli occhi di Dio. La postura giusta è quella del servo consapevole dei propri limiti, ma grato di poter collaborare con Dio nella costruzione del bene. Riconoscersi “semplicemente servo” significa vivere con umiltà, fiducia e dedizione, accogliendo con gratitudine ogni occasione di servizio come un dono prezioso.


