Perseveranza, il battito della speranza
Ma nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto. Con la vostra perseveranza salverete la vostra vita Luca 21,18-19
Le ultime domeniche del tempo ordinario ci fanno guardare oltre il presente, verso il compimento finale della storia e la piena realizzazione del Regno di Dio. Il brano di Luca riporta una parte del discorso che Gesù rivolge ai suoi discepoli prima della Passione. Luca raccoglie parole che per i suoi lettori avevano già trovato un riscontro nella storia. La distruzione di Gerusalemme, infatti, era già avvenuta.
«Maestro, quando dunque accadranno queste cose e quale sarà il segno, quando esse staranno per accadere?», chiedono alcuni tra la folla. Gesù però non entra in quella logica curiosa che cerca di conoscere tempi e segni. Non vuole alimentare calcoli apocalittici, ma educare i discepoli a uno sguardo di fede sulla storia. Il suo invito è chiaro: non lasciatevi ingannare, non abbiate paura.
Gesù parla di guerre, rivolte, popoli in lotta, terremoti, carestie e segni spaventosi. È il linguaggio tipico dell’apocalittica, che non va inteso come un annuncio di catastrofi imminenti, ma come un modo simbolico per dire che il male accompagna la vicenda umana. Da sempre, infatti, la storia è segnata da sofferenze, disordini e prove; ma Dio non abbandona il suo popolo. Gesù invita i suoi discepoli a non lasciarsi travolgere dal timore né da facili illusioni. La fine non è ancora arrivata, perché il cuore del messaggio non è la distruzione, ma la fedeltà di Dio. «Badate di non lasciarvi ingannare», dice, «non andate dietro a loro», «non vi terrorizzate ». La fede non si nutre di paura, ma di fiducia: è questa la perseveranza che salva.
Anche la persecuzione fa parte del cammino del discepolo. Non è un segno di fallimento, ma un’occasione per testimoniare il Vangelo. Gesù chiede di non difendersi con le proprie forze, ma di affidarsi allo Spirito, che darà le parole giuste al momento opportuno. Annunciare il Vangelo comporta infatti fatica, rifiuti e, talvolta, perfino la perdita della vita; ma è proprio attraverso queste prove che la fede si purifica e diventa testimonianza viva. Il Signore, infine, incoraggia i suoi con una promessa che attraversa i secoli: «Nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto». Nulla di ciò che siamo o viviamo va perso davanti a Dio. Come commenta san Gregorio Magno, anche ciò che non fa male, come il taglio di un capello, non sarà dimenticato da Dio: è il segno della sua cura tenera e totale per ciascuno dei suoi figli. Alla fine, ciò che Gesù chiede è una cosa sola: la perseveranza. Rimanere saldi nella fede, nonostante tutto. È questa fedeltà quotidiana, umile e tenace, che conduce alla salvezza.
È di grande consolazione anche la parola del profeta Malachia (3,19-20) nella prima lettura: «Per voi, che avete timore del mio nome, sorgerà con raggi benefici il sole di giustizia e voi uscirete saltellanti come vitelli di stalla». L’immagine è vivace e piena di speranza: descrive una gioia giovane, libera e irrefrenabile, come quella di animali che, dopo essere stati a lungo chiusi, vengono finalmente liberati alla luce del sole. È il segno di un popolo che ritrova la vita dopo un tempo di oppressione e oscurità. Il “sole di giustizia” è il simbolo del Signore che viene a rischiarare ciò che era immerso nelle tenebre. La sua presenza porta guarigione, libertà e nuova energia. Dopo il tempo della prova, si apre un orizzonte di pace: Dio non dimentica coloro che restano fedeli al suo nome, ma li colma di luce e di forza.


