Accanto a lui i giganti della cucina italiana, da Cannavacciuolo a Bottura. Ma il papà di PizzAut porta in tavola molto più di un piatto ben riuscito: porta un modello di inclusione che sta cambiando il Paese.

«Non sono degno di stare al loro fianco», ha detto con la consueta umiltà Nico Acampora dal palco della premiazione Forbes, che lo ha inserito tra i 25 chef più influenti d’Italia, assegnandogli il titolo di “Cuore Visionario”. Eppure, il fondatore di PizzAut – la prima catena di pizzerie gestita da giovani autistici – sta riscrivendo le regole non solo della ristorazione, ma di un’intera società.

Accanto a lui, nell’Olimpo tricolore della gastronomia, ci sono i nomi più prestigiosi: Antonino Cannavacciuolo, che guida la classifica Forbes; Massimo Bottura, che condivide con Acampora la paternità di un figlio nello spettro autistico e una battaglia per l’inclusione; Davide Oldani, inventore della “cucina pop” e stella Michelin; Carlo Cracco, Alessandro Borghese, Massimiliano Alajmo, il più giovane chef stellato d’Italia. «Gli chef mi hanno accolto come se lo fossi», racconta Acampora. «È stata l’occasione per ribadire ancora una volta che lavoro e inclusione devono essere per tutti».

Non è la prima volta che il messaggio di PizzAut conquista palcoscenici internazionali: l’esperienza dei ragazzi di Cassina de' Pecchi e Monza è già stata presentata all’Onu, al Parlamento europeo, in quello italiano e al G7 della Disabilità. Ma il riconoscimento di Forbes, la “bibbia” dell’economia e della finanza, proietta il progetto in un’altra dimensione. «Abbiamo parlato di personale autistico con chi può dare un esempio importante al mondo», sottolinea Acampora. «Assumere una persona con disabilità non è solo un dovere sociale, è un'opportunità».



PizzAut: la rivoluzione parte dal forno

PizzAut nasce dall’amore di un padre e da una domanda semplice e rivoluzionaria: «Che futuro avrà mio figlio?» Da lì, Nico Acampora ha costruito molto più di una pizzeria. Ha creato un modello. Oggi nei ristoranti PizzAut lavorano 41 ragazzi nello spettro autistico, tutti assunti a tempo pieno e a tempo indeterminato. «Altrimenti sarebbero chiusi in un centro per disabili», dice Nico. «Da noi, invece, lavorano con orgoglio e chiamano i cinque colleghi “neurotipici” la minoranza etnica». E il loro impegno è evidente: ogni sera 350 coperti, clienti soddisfatti, piatti di qualità e tempi di servizio perfetti. «Se lo faccio io, che non sono un grande chef, lo possono fare tutti», ripete Acampora.

Dietro le pizze premiate e le sale sempre piene c’è molto di più: c’è l’idea che la ristorazione possa essere uno strumento di riscatto sociale, apprendimento, dignità. «La persona non è solo al centro, è tutto», spiega Acampora. «La ristorazione è un mezzo per costruire un mondo migliore».

Un mondo che ancora fatica ad accogliere la diversità. «In Lombardia, anche quest’anno, le aziende hanno pagato 80 milioni di euro in sanzioni pur di non assumere persone con disabilità, nonostante la legge le obblighi», denuncia il fondatore di PizzAut. La norma impone alle imprese di riservare il 7% dei posti alle categorie protette, ma esiste una via d’uscita: pagando 9.000 euro in anticipo, si può evitare di assumere. «È un’assurdità: prima un principio forte, poi una scorciatoia inaccettabile», attacca Acampora. «Le leggi vanno cambiate».



L’inclusione che si impara a tavola

Eppure, qualcosa si muove. Lo dimostrano i numeri: ogni anno migliaia di studenti visitano PizzAut in orario scolastico, trasformando una semplice pizza in una lezione di educazione civica. «Nel 2023 sono stati circa 5.000», racconta Acampora. «La scuola sta capendo che si può insegnare anche così: toccando con mano un modello di inclusione».

E lo dimostra il fatto che la storia di PizzAut entra nei temi di maturità. Proprio pochi giorni fa, una professoressa ha inviato a Nico la foto del compito scritto da un ragazzo di quinta superiore. «Non lo conosco, non so chi sia, ma nel suo tema ha parlato di autismo e PizzAut», dice con orgoglio. Non è un caso isolato: sono sempre più numerosi gli studenti che scelgono il progetto per i loro esami, anche di terza media. «Vuol dire che qualcosa sta cambiando», osserva Nico. «La strada è lunga, ma la direzione è quella giusta».

Un cambiamento che parte dal cibo, ma arriva ben oltre il piatto. «Quando mangi in un ristorante, vivi un’esperienza all’interno: incontri le persone, osservi il loro lavoro», spiega Acampora. «Così, chi viene da noi non porta via solo il gusto della pizza, ma un messaggio. Magari la prossima volta che incontra una persona con disabilità, non si ferma ai pregiudizi».

Un ingrediente segreto che non si insegna

C’è un elemento che rende i ristoranti PizzAut unici. Non è solo la qualità della pizza, già premiata e apprezzata. Non è solo la competenza acquisita dai ragazzi in sala e in cucina. È un ingrediente invisibile, ma fondamentale: l’amore. «Non è retorica», assicura Acampora. «È davvero l’amore. I nostri ragazzi servono pensando che in quel gesto c’è il loro futuro, la loro dignità, la loro competenza». Un valore che fa la differenza, ben oltre la performance.

Il riconoscimento di Forbes, in questo senso, è un segnale potente. «PizzAut è la prova che si possono generare opportunità di business redditizio e inclusivo», ha dichiarato la rivista americana. E il fatto che l’inserimento sociale passi da una pizza, da un cameriere sorridente o da un locale pieno di vita, è la dimostrazione che l’inclusione può e deve diventare quotidianità.



L’Olimpo degli chef, il sogno dei ragazzi

Il palco della premiazione, i selfie con Cracco e Borghese, l’abbraccio di Cannavacciuolo, l’amicizia con Bottura: tutto contribuisce a dare visibilità alla causa. «Come le istituzioni, anche gli chef possono abbattere barriere», afferma Acampora. «Quando un grande ristoratore assume un ragazzo autistico, manda un messaggio fortissimo».

Anche se «non mi sento degno di stare tra i 25 chef più influenti», ammette con sincerità, «sono felice che Forbes abbia acceso un riflettore su PizzAut. Noi impastiamo vita, futuro, dignità e speranza. E chi viene a mangiare da noi lo sente, lo vive, lo porta con sé». Forse è questo il segreto del successo di Nico Acampora. Non si tratta solo di pizze ben fatte o premi prestigiosi, ma di un sogno che diventa progetto, di un progetto che si trasforma in lavoro vero, stabile, dignitoso per decine di ragazzi e ragazze altrimenti invisibili.

E di un futuro che, piano piano, si scrive. «Anche tra i banchi di scuola, con un tema di maturità di un suo studente dedicato all'attualità in cui parlava andi di PizzAut», chiosa commosso per la citazione e la condivisione della docente Nico Acampora. Anche sulle pagine di Forbes. Anche nel cuore di chi, dopo aver varcato la soglia di PizzAut, non guarda più il mondo con gli stessi occhi.

 

Foto © PizzAut pagina FB