Per salvare la scuola ha dovuto comprarla: è la storia di una direttrice nepalese che non se l'è sentita di abbandonare al loro destino 350 bambini tibetani scappati dal loro Paese con la "colpa" di crescere nel rispetto delle antiche tradizioni della cultura a cui ap
partengono. Tradizioni che il Governo cinese, violando i diritti umani, da anni calpesta. È tutto qui, nella sua disarmante drammaticitàil destino della scuola Manasorovar, alle porte di Katmandu.«Non è facile gestire bambini innocenti per l’intera giornata, ma è il modo migliore per servire la nostra cultura e la nostra lingua», sottolinea la direttrice Tsultrim Sangmo. «Come buddhista, essere un insegnante è una benedizione e guidare la scuola è un grande onore. Non è un lavoro facile e richiede tutta la nostra compassione, il nostro tempo e le nostre capacità. Più è difficile, più il risultato sarà grande. Molti bambini si iscriveranno alla Manasarovar nei prossimi anni e noi abbiamo il forte desiderio di salvare la scuola e realizzare così il desiderio di molte persone. È una importante responsabilità, non è un business o un lavoro per fare soldi. Questi bambini sono i futuri cittadini della nostra nazione».
Alla base del progetto, il sogno tramutato in realtà di chi crede fermamente nell'indissolubilità del binomio cultura-libertà. La struttura ospita 350 tra i bambini tibetani più poveri della comunità esiliata e fino a poco tempo fa il suo destino è stato più che in bilico. Infatti, nonostante la puntualità nel pagamento dell'affitto mensile dello stabile, il suo proprietario ha deciso di metterlo in vendita. Da qui, la scelta coraggiosa della direttrice che ha deciso di acquistare l'immobile impegnandosi in prima persona: non sopportava l'idea che a quei bambini, il futuro del Paese, già duramente messi alla prova dalla vita, venisse negato un futuro. ù
È così che è entrata in gioco la onlus ASIA, coinvolta direttamente nel tentativo apparenemente impossibile di salvare la scuola. Ma l'operazione di fund raising ha dato frutti forse addirittura insperati: dei 450.000 euro necessari, gli ultimi 60.000 sono stati raccolti in extremis, con un ultimo sforzo, nel mese di maggio. La congiuntura economica difficile non ha frenato la generosità dei donatori, grandi e piccoli, che hanno restituto a quei bambini tibetani almeno una parte della dignità che la cultura tibetana, oltraggiata, merita.


