Secondo uno studio condotto dall'Università di Milano Bicocca e Università di Bologna, in Italia vivono circa 88.500 donne sopra i 15 anni, per la stragrande maggioranza nate all'estero, che hanno subito le mutilazioni genitali femminili nel corso della loro vita. Un aumento del 1% rispetto alle stime pubblicate nel 2019, sempre da uno studio condotto dall'Università Bicocca. Le nuove stime sono state presentate il 23 ottobre, nella Sala Consiglio della Città Metropolitana di Milano, presso Palazzo Isimbardi, in un evento promosso dai due atenei, in collaborazione con Amref Health Africa.

 Le MGF sono una violazione dei diritti umani che colpisce almeno 230 milioni di donne nel mondo.  La prevalenza più elevata si registra tra le donne over 50 e si riduce con il diminuire dell’età.  Le comunità con numeri assoluti più alti sono egiziane, nigeriane ed etiopi. L’incidenza più alta si registra tra le donne somale (97,8%), sudanesi (90,8%) e guineane (91,5%), secondo l’indagine. Le bambine sotto i 15 anni potenzialmente a rischio di Mgf n Italia sono 16.000.

All'evento hanno partecipato alcune ragazze del progetto Y-Act -cofinanziato prima dall'Unione europea e ora sostenuto da MSD - che ha l’obiettivo di prevenire e contrastare le MGF in Italia, attraverso il coinvolgimento dei giovani. Dei 30 giovani della rete erano presenti Rowida Ibrahim Khalaf Alla Ghaleb Abdelaziz, Shahd Newir, Sara El Nagar, Jasmina El Shouraky, Esraa Newir.

Proprio Esraa Newir ha affermato: «E' importante ribadire con forza che le Mgf non sono un problema che riguarda solo i Paesi lontani. Chi le ha subite vive qui, anche nelle nostre comunità, nei nostri quartieri. Molte di coloro che abbiano incontrato attraverso il progetto Y-Act non avevano mai raccontato la propria esperienza, neanche alla propria famiglia. Quando lo hanno fatto è stato fortissimo. Il nostro ruolo non era quello di giudicare chi aveva subito MGF, etichettare, ma aprire porte. Ascoltare e accogliere. Perché solo quando una donna trova la libertà di raccontarsi con la propria voce, la sua storia smette di essere dolore e diventa potere».

(Nella foto: giovani del progetto Y-Act)