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Si è conclusa presso l’Università di Milano-Bicocca la presentazione del Progetto B.A.S.E. (Benessere, Autonomia, Sostegno, Empowerment), promosso dalla Società di San Vincenzo De Paoli – Consiglio Centrale di Milano e di Monza e Brianza, in collaborazione con LILT Milano – Monza Brianza e Associazione San Martino. L'iniziativa, nata dal Bando Terzo Settore 2023–2025 di Regione Lombardia, ha rappresentato una risposta integrata alle diverse forme di fragilità: dalla povertà economica a quella lavorativa, abitativa, sanitaria e relazionale.
«In questi 24 mesi abbiamo lavorato fianco a fianco grazie a un lavoro di rete che ha messo al centro il raggiungimento dell’autonomia e l’accompagnamento delle persone più fragili», ha dichiarato Dino Bertotto, presidente della Società di San Vincenzo De Paoli Consiglio Centrale di Milano ODV. L’appello di Bertotto è chiaro: quanto costruito non deve fermarsi, ma servire da base solida «per contrastare quella che, sempre più spesso, è una vera desertificazione sociale».
Un auspicio condiviso da Pier Giovanni Bellomi, vicepresidente del Consiglio Centrale di Monza, che vede nel progetto «la base su cui continuare a costruire il futuro della nostra azione contro ogni forma di fragilità». Per Bellomi, il Progetto B.A.S.E. è stato un passaggio decisivo che ha permesso ai Consigli Centrali di Milano e Monza – che coordinano oltre 90 Conferenze e 1.150 volontari per circa 4.500 famiglie – di lavorare in modo realmente condiviso con le istituzioni e i partner, affrontando anche povertà relazionali, marginalità e solitudine.
All'evento è intervenuto Lamberto Bertolé, Assessore al Welfare del Comune di Milano, esprimendo apprezzamento per la capacità del progetto di agire concretamente sul territorio. «Non possiamo fermarci a elenchi di dati o modelli teorici», ha affermato Bertolé, sottolineando che «la vera sfida è intercettare la pluralità delle condizioni di vulnerabilità». L'assessore ha posto l'accento sulle famiglie con minori, oggi tra le categorie più esposte alla povertà, alle quali bisogna garantire «non solo un sostegno, ma la possibilità concreta di ritrovare prospettive e futuro».
Fondamentale il contributo del Dipartimento di Sociologia e Ricerca Sociale dell’Università di Milano-Bicocca, che ha misurato l'impatto del progetto. Ivana Fellini, direttrice del Dipartimento, ha evidenziato come «comprendere davvero le forme della fragilità significa affiancare alla ricerca scientifica la concretezza delle esperienze». Dai dati, illustrati dal professor David Benassi, emerge una povertà complessa: dai 253 questionari somministrati agli utenti è emersa una forte fragilità sanitaria, con oltre il 40% degli intervistati che ha rinunciato a visite specialistiche e oltre il 30% all’acquisto di farmaci. Tra i volontari, invece, il problema percepito come più urgente è quello della salute mentale.
Sul fronte occupazionale, grazie al lavoro dell’Associazione San Martino, il progetto ha raggiunto risultati tangibili: 105 persone segnalate, 80 incontrate e 31 che hanno trovato un impiego. «Un aspetto centrale del nostro lavoro è l’accompagnamento individuale: aiutiamo le persone a predisporre curricula efficaci, a prepararsi ai colloqui e a sviluppare competenze pratiche», ha spiegato Mario Porcelli, Presidente dell'Associazione San Martino Onlus. Porcelli ha ribadito l'importanza della cultura della legalità: «Lavoriamo per costruire una società in cui il lavoro regolare sia la norma e non l’eccezione».
All’evento era presente anche Anna Maria, volto simbolo del Progetto B.A.S.E.. Dopo una diagnosi di tumore nel 2021, la perdita del lavoro e della casa, ha trovato sostegno nella rete del progetto. «Ho toccato il fondo dopo la scoperta della malattia. La mia vita è precipitata e ho perso tutto», ha raccontato. «La Società di San Vincenzo De Paoli ha saputo guardare oltre il mio silenzio [...] Mi ha restituito dignità e speranza; mi ha accolto in un alloggio di housing sociale, mi ha inserita in un percorso di reinserimento lavorativo e mi ha garantito, grazie al contatto con LILT, il giusto supporto psicologico».
Un esempio concreto di come il welfare funzioni «quando diventa comunità», superando la logica del semplice intervento riparativo.




