«Non giudicare sbagliato quel che non conosci, prendi l’occasione per comprendere». La frase di Pablo Picasso, scelta come manifesto di questa edizione, racchiude lo spirito di Aut Art Festival, che dal 25 al 28 settembre trasformerà il Teatro degli Eroi di Roma in un laboratorio di umanità, bellezza e incontro. Quattro giornate intense – 52 ore di eventi non-stop – in cui l’autismo non sarà ridotto a diagnosi o difficoltà, ma diventerà racconto vivo attraverso l’arte, la musica, il teatro, la danza, lo sport e la parola condivisa.

L’iniziativa, giunta alla terza edizione, è promossa dall’associazione Siamo Delfini, nata dall’esperienza personale e familiare di Paola Nicoletti, madre di Gabriele, ragazzo nello spettro autistico. «Per tanti anni – racconta – ho vissuto l’autismo come un fatto privato, come se fosse un tratto tra gli altri, senza chiedere alla società nulla di particolare. Ma con il passare del tempo, quando la vita di mio figlio è entrata in relazione con il mondo esterno, ho capito che serviva raccontare, aprirsi, costruire spazi di incontro». Così è nata l’associazione, un piccolo nucleo familiare allargato a pochi amici, che ha scelto di non rimanere chiuso nel dolore ma di trasformare il vissuto in proposta culturale.



L’autismo oltre gli stereotipi

Aut Art Festival non intende offrire una vetrina pietistica, ma un luogo di verità. «Non cerchiamo la perfezione – sottolinea Nicoletti –. Sul palco vogliamo portare la realtà: ragazzi che cantano o suonano, qualcuno bravissimo e altri meno, ma tutti autentici. L’importante non è l’esibizione impeccabile, è l’atmosfera che si crea, l’incontro che nasce». In questo senso, l’arte diventa un linguaggio privilegiato per chi fatica a comunicare con le parole. Pittura, scultura, musica, danza sono canali attraverso cui emozioni e pensieri trovano forma e si offrono al mondo.

Per molti ragazzi autistici, infatti, l’interesse profondo e concentrato in un ambito diventa una chiave di genialità. Non si tratta di miti da “supereroi”, ma di talenti coltivati nella dedizione quotidiana, come accade per ogni persona. «Se mio figlio, dopo anni di tentativi, riesce a vivere un momento di autonomia, la gioia è la stessa che provo per mia figlia quando si laurea – confida Nicoletti –. È questa la nuova relatività con cui dobbiamo guardare all’autismo».

Il Festival alterna convegni mattutini e spettacoli pomeridiani. Le mattine si aprono con gli “Aut Meeting”, tavole rotonde dedicate a temi cruciali: dal progetto di vita alla sicurezza, dalle emergenze alle risorse sociali, dal ruolo dei caregivers all’apporto dell’osteopatia. Non mancano momenti di confronto sulla fatica dei genitori, spesso logorati dal “caregiver burden”: «Serve imparare – spiega Nicoletti – a fermarsi un attimo, a guardarsi allo specchio e riconoscere le ferite, ma anche la forza che nasce da questo cammino».

I pomeriggi, invece, si accendono con Aut Books, presentazioni di libri, seguite da mostre artistiche, concerti, spettacoli teatrali e cinematografici. Quest’anno approda sul palco del Teatro degli Eroi anche il film Vita da Grandi di Greta Scarano, con Yuri Tuci e Matilda De Angelis. A fianco degli artisti autistici, noti protagonisti del mondo culturale e sportivo porteranno il loro sostegno, in un intreccio di esperienze che restituisce dignità e visibilità.

Tra le novità spiccano l’Aut Art Award, premio per il progetto associativo più virtuoso, e l’Aut Lab, spazio di laboratori creativi aperto a bambini e ragazzi insieme ai coetanei delle scuole romane. Attesi anche i Rubricaut, giovani giornalisti campani che seguiranno il festival raccontandolo in presa diretta, segno che l’autismo non è solo oggetto di narrazione, ma diventa soggetto attivo di racconto.



La forza gentile dell’arte

Il cuore del festival è la relazione. «Il vero obiettivo – confida Nicoletti – è far incontrare il mondo dell’autismo con quello neurotipico. Non basta che a parlare siano i genitori o le associazioni. Occorre che le persone si conoscano davvero, che si vedano, che si ascoltino. Solo così si possono prendere decisioni giuste, solo così si costruisce una società inclusiva».

In questo senso, Aut Art non è soltanto una festa, ma un esercizio collettivo di cittadinanza. I ragazzi nello spettro non vengono messi ai margini, ma al centro, come protagonisti di una comunità che non giudica e non esclude. «Mia nonna diceva: la vita non la decidi tu, devi imparare i passi con la musica – ricorda Nicoletti –. Ecco, noi proviamo a ballare insieme, anche quando i passi sono incerti».

Alla base di tutto resta l’arte, intesa non come ornamento, ma come strumento vitale di comunicazione e di crescita. Pittori, poeti, musicisti, attori, danzatori e sportivi in questi giorni testimonieranno che l’autismo non è silenzio, ma linguaggio diverso; non è isolamento, ma possibilità di relazione; non è solo fatica, ma anche energia e creatività.

Quattro giornate per ribadire che non esistono vite di serie B. Quattro giornate per scardinare stereotipi e restituire alle persone nello spettro lo spazio che spetta loro: quello della dignità e della bellezza. Perché, come ricorda una citazione di Kierkegaard che accompagna il festival: «Non è il cammino che è difficile, è la difficoltà che è il cammino».

 

 

Foto © edizione 2024 Aut Art Festival