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Nel 2021 in Afghanistan solo il 5% delle ragazze frequentava la scuola secondaria, e solo una donna di cinque aveva un lavoro. Nel 2025 in questo Paese quasi 23 milioni di persone hanno bisogno di assistenza umanitaria. Di loro, il 25% sono donne, il 53% sono bambini. In Palestine, nel 2023 il 10% dei bambini in età scolare non andava a scuola, il 28% dei ragazzi non riceveva un’istruzione, una formazione professionale e non aveva un lavoro. Nel 2025 hanno bisogno di aiuti umanitari 3,3 milioni di palestinesi, dei quali 2,1 milioni nella Striscia di Gaza. In Ucraina nel 2025 ad avere bisogno di assistenza umanitaria sono 12,7 milioni di persone, di queste il 31% sono donne, il 20% bambini.
Sono alcuni dei dati contenuti nel rapporto Her future at risk. The Cost of Humanitarian Crises on Women and Girls (Il suo futuro a rischio. Il costo delle crisi umanitarie sulle donne e sulle ragazze) della Ong WeWorld che, sulla base dei dati del ChildFund Alliance World Index 2024, analizza i diversi impatti che le crisi umanitarie hanno su donne, bambine e ragazze, amplificando le disuguaglianze di genere e generazionali già esistenti. Il report prende in esame otto Paesi: Afghanistan, Burkina Faso, Etiopia, Mali, Mozambico, Niger, Palestina e Ucraina.
Il rapporto di WeWorld sarà il punto di partenza di un approfondimento sulle crisi umanitarie nell’ambito del WeWorld Festival, che torna a Milano, dal 23 al 25 maggio negli spazi BASE, per la sua quindicesima edizione. A riflettere analizzare in particolare la condizione delle donne e della bambine in Afghanistan, Palestina e Ucraina saranno lo staff di WeWorld Palestina e la giornalista e attivista afghana Rahel Saya.
“Unite plurali”: sono le parole-chiave che ispirano quest’anno il WeWorld Festival. Tre giorni, oltre 90 ospiti, più di 50 eventi gratuiti, aperti a tutti, tra arte, fotografia, cinema, performance, laboratori, talk, momenti formativi. «Ci hanno abituate a scegliere: madre o in carriera, bella o intelligente, indipendente o rispettabile. Noi invece scegliamo la E. La lettera più femminista dell'alfabeto, quella che tiene insieme, che non esclude. Perché siamo unite e plurali, libere e diverse», commenta Greta Nicolini, direttrice del WeWorld Festival Milano. «Al WeWorld Festival faremo sentire tutte le nostre voci ».
Tra gli eventi della rassegna, la mostra Volti e racconti dai margini accompagna il pubblico in un viaggio visivo tra le marginalità globali, proponendo un percorso che raccoglie fotografie da Afghanistan, Kenya, Tanzania e Ucraina: volti e storie di donne, bambine e comunità che resistono agli effetti di conflitti, povertà e discriminazione, attraverso gli scatti di Jafar Mosavi, Daniele Ratti e Hugo Weber, e le opere di Liberatha Alibalio, Annah Nkyalu e Precious Seronga. Tra gli appuntamenti più attesi anche Isola, il progetto fotografico di Simona Ghizzoni: un racconto autobiografico che intreccia memoria personale, riscoperta delle radici e connessione profonda con la natura.
Anche il cinema avrà un ruolo centrale con una selezione internazionale di film capaci di raccontare storie di resistenza, coraggio e sogni. Tra i titoli proiettati, My memory is full of ghosts di Anas Zawahri, regista indipendente di origine palestinese residente in Siria, riporta il pubblico al dramma della Siria sconvolta da un lungo conflitto, attraverso le immagini di Homs, città sfregiata dalla guerra, sospesa tra le macerie del passato, la vita nel presente alla ricerca di una normalità nel quotidiano e lo sguardo rivolto verso il futuro.
Per conoscere tutto il programma della rassegna, sito Internet: weworldfestivalmilano.weworld.it
(Nella foto, uno degli appuntamenti dell'edizione 2024 del WeWorld festival)



