Gli animatori della Rsa, Residenza del sole di Cinisello Balsamo, hanno organizzato un laboratorio della memoria per la ricorrenza del 27 gennaio. Molti sono riusciti a raccontarsi in alcuni biglietti che sono stati appesi a dei fili nella sala d'ingresso. I più anziani come Ester Paulli, 102, anni, invece sono stati registrati. Lei è stata molto felice per aver potuto lasciare una traccia, un ricordo dei difficili anni della guerra perché sia utile a chi viene dopo.
«Il mio fidanzato Pino è partito per la guerra il 20 di maggio del 1941. Ha fatto solo tre licenze in tre anni e l’ultima licenza gliela diedero perché avevano bombardato Milano nel settembre del 1943, allora lui venne a trovarmi. Avevamo già le carte pe sposarci. Tornato in caserma a Merano ha recuperato il permesso per il matrimonio al quale però mancava la firma del capitano, che avrebbe recuperato l’indomani. Ma il giorno dopo sul piazzale della caserma sono arrivati i carri armati tedeschi. È stato prelevato insieme con altri soldati e portato in Germania, in un campo di lavoro al Nord. Mi ha sempre scritto e raccontato il lavoro duro, le condizioni disumane, la mancanza di cibo e di igiene. Alla fine pesava 45 chili e indossava un cappotto russo. Molti altri suoi amici e commilitoni non sono mai tornati. Dopo tre anni a combattere al fianco dei tedeschi li hanno presi e fatti morire in Germania. Un mascalzone Hitler.
Vivevo con la mia famiglia a Milano che all’epoca era sotto le bombe. Abbiamo avuto tanta fame, mancava tutto. A 17 anni lavoravo il vetro ho smesso perché soffiando e non mangiando mi è venuta una malattia ai polmoni. I genitori di Pino avevano un cortile con galline e uova, stavano meglio di molti altri, e alla fine son finita in casa con loro e mi hanno curata. Abbiamo affrontato tutto insieme, i momenti brutti. Dovevamo correre per sfuggire ai bombardamenti, correvamo, correvamo, alla fine mi son salvata, i miei suoceri mi hanno salvata.
Mio cognato, il marito di mia sorella lavorava alla Breda e aiutava i partigiani. Un giorno è salito con mia sorella dalle cantine del palazzo dove vivevano dopo un bombardamento e il portinaio lo chiamò e c’erano i fascisti ad attenderlo, lo portarono subito a Mauthausen. Dove morì nella camera a gas. Sono ricordi terribili.
Sono tornati in pochi dai campi di concentramento. È tornato il fratello di mio marito che si era nascosto in Svizzera e ho dovuto lasciare la casa dei suoceri, rivoleva la sua camera. Ma un mattino il mio futuro suocero con una scusa mi invita a casa e mi fa trovare Pino, il mio fidanzato. Era tornato la notte, fu una cosa indimenticabile. Ci siamo sposati e mio suocero ci diede due stanze. Siamo stati fortunati perché abbiamo cominciato la nostra vita.
Ester Paulli di 102 anni, ospite della RSA Residenze del Sole
Il primo Natale mio Pino portò a casa un alberello, lui lavorava alla ditta che raccoglieva i rifiuti. Mise la sua prima tredicesima, pochi spicci, sull’albero e fu uno dei momenti più belli della mia vita.
La guerra è stata dura. E a dire il vero ho paura che torni il fascismo. Ho sempre avuto paura. Il Duce è stato un mascalzone ma alla fine i più mascalzoni erano i suoi seguaci che facevano ciò che volevano e non venivano puniti. La violenza era nell’aria, ingiustificata e terribile. Se non avevi la tessera del partito non lavoravi, non mangiavi. Anche mio padre antifascista venne perseguitato. Era un uomo allegro ma cambiò umore, per sempre.
Mussolini l’hanno appeso in piazzale Loreto ma anche se abitavo vicino non sono andata a vederlo. C’era molta rabbia e voglia di vendetta.
Gli anni dopo la guerra sono stati faticosi. Quando ci siamo sposati avevo un cugino ricco che aveva regalato a mia sorella un servizio di piatti a me invece non è arrivato mai nulla. Ma noi non avevamo i piatti per mangiare e così due me li ha dati mia suocera e altri due la zia. Ma poi pian piano ho messo in piedi la casa. Mio marito lavorava perché il lavoro c’era ma era tutto faticoso.
Ricordo una notta il bombardamento nella nostra via, era stato tremendo, non sapevamo dove ripararci. Ma il Covid è stato peggio perché non si sapeva contro chi stavamo combattendo».