Cari amici lettori, nell’Angelus di domenica 21 gennaio, Domenica della Parola, papa Francesco ha parlato della preparazione al Giubileo del 2025, chiedendo di «intensificare la preghiera per prepararci a vivere bene questo evento di grazia e sperimentarvi la forza della speranza di Dio».
Ha dato così inizio all’Anno della preghiera 2024, «un anno dedicato a riscoprire il grande valore e l’assoluto bisogno della preghiera nella vita personale, nella vita della Chiesa e del mondo». Lo aveva già preannunciato nella Lettera a monsignor Fisichella per il Giubileo 2025, immaginando «una grande “sinfonia” di preghiera»: «Per recuperare», scriveva allora, «il desiderio di stare alla presenza del Signore, ascoltarlo e adorarlo», preghiera che si deve poi tradurre «nella solidarietà e nella condivisione del pane quotidiano». Tocchiamo qui un nervo scoperto del nostro vivere cristiano: non sappiamo quasi più l’abc della preghiera.
Eppure è un bisogno, spesso inespresso, che affiora in tanti. Ma che cosa significa pregare? Spesso siamo fermi a un’idea un po’ pagana del pregare, come scriveva il teologo martire Dietrich Bonhoeffer, nella poesia Cristiani e pagani, del 1944: «Uomini vanno a Dio nella loro tribolazione, / piangono per aiuto, chiedono felicità e pane, / salvezza dalla malattia, dalla colpa, dalla morte. / Così fanno tutti, tutti, cristiani e pagani». A parlarci di “iniziazione” alla preghiera è fra Roberto Pasolini, autore di un libro intitolato proprio così (vedi il nostro servizio a pag. 16). Qui desidero sottolineare solo un aspetto, riprendendo un’affermazione dell’intervistato: la preghiera «è l’arte di stare con Dio.
È il luogo in cui noi ci mettiamo in ascolto di Dio». È proprio la postura inversa di quello che comunemente si intende per preghiera: non tanto il chiedere, ma il mettersi in ascolto di un Dio che si rivolge a noi, ci “parla” e vuole entrare in dialogo con noi. «Parla, Signore, il tuo servo ascolta»: questo impara il piccolo Samuele, che diverrà profeta, dall’esperienza di rivelazione notturna del Signore nel tempio. Come ha spiegato papa Francesco nella Messa del 21 gennaio, preghiera e Parola sono legati: «Bisogna non essere “sordi” alla Parola. È il nostro rischio… la sentiamo, ma non la ascoltiamo; la ascoltiamo, ma non la custodiamo; la custodiamo, ma non ci lasciamo provocare per cambiare».
E ha sottolineato: «Soprattutto, la leggiamo ma non la preghiamo», mentre «la lettura della sacra Scrittura dev’essere accompagnata dalla preghiera, affinché si stabilisca il dialogo tra Dio e l’uomo». Con la preghiera impariamo a «stare con il Signore» e impariamo ad aprirci agli altri. Nella poesia citata, Bonhoeffer prosegue, pensando al Cristo che patisce: «Uomini vanno a Dio nella sua tribolazione, / lo trovano povero, oltraggiato, senza tetto né pane, / lo vedono consunto da peccati, debolezza e morte. / I cristiani stanno vicino a Dio nella sua sofferenza». A ben vedere, non sono altri i frutti che un Giubileo deve portare nella nostra vita: assumere l’essere-per-gli-altri di Cristo. L’Anno di preghiera, che accompagneremo con servizi e approfondimenti, ci aiuti a predisporci per la grazia che il Signore vorrà donare a ciascuno e ciascuna.