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“Fu come scalare una montagna”. “Fu un colpo di fucile”. “Fu come quando si stappa lo champagne”: “Per l'occasione ci eravamo vestite bene”. “Alcune di noi la sera avevano la febbre per l'emozione”. Nelle voci delle donne che votarono per la prima volta il 2 giugno del 1946 c'è tutta la portata rivoluzionaria di quell'evento. I racconti delle prime elettrici italiane, dopo gli anni della dittatura, fanno parte di un filmato di Rai Cultura visibile nella mostra “1946. L'anno della svolta” inaugurata il 31 maggio a Montecitorio dal Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. La svolta fu proprio la partecipazione al voto delle donne italiane, per la prima volta con il “diritto di eleggere” e di “essere elette”. La mostra è allestita all'interno della Sala della Lupa, riaperta dopo quattro anni di restauri. Come ricorda una targa, la Sala è il luogo in cui “alle ore 18 del 10 giugno 1946 la Corte Suprema di Cassazione proclamò i risultati del referendum istituzionale del 2 giugno 1946 che diede vita alla Repubblica Italiana”. Attraverso documenti d'archivio, atti parlamentari, materiali bibliografici, fotografie e filmati viene ricostruito il lungo percorso compiuto in Italia per la conquista del suffragio femminile. “E' stata una grande conquista e la battaglia che portò a questo risultato fu la madre di tutte le battaglie”, dice Laura Boldrini, presidente della Camera dei deputati. Visitando la mostra, si scopre che già nel 1867 il patriota mazziniano Salvatore Morelli, deputato del Regno d'Italia, aveva presentato alla Camera un progetto di legge per riconoscere alla donna i diritti previsti dalle leggi per i cittadini del Regno, incluso dunque il diritto di voto politico. La proposta cadde nel vuoto e Morelli fu sbeffeggiato sulla stampa satirica del tempo, che lo ritrasse in abiti femminili come “deputato delle donne”. A consolare Morelli ci pensò Giuseppe Mazzini, il quale in una lettera gli scrisse che il suffragio universale sarebbe arrivato solo con la Repubblica.


Fu buon profeta. Al voto del 2 giugno 1946 per il referendum istituzionale e l'elezione dell'Assemblea Costituente parteciparono finalmente le donne. Ventuno furono elette alla Costituente. La stampa le chiamava “deputatesse”. Un articolo dell'epoca pubblica una intervista alla più giovane fra loro, la genovese Teresa Mattei, già partigiana, eletta a 25 anni. Il suo programma? “Portare alla Costituente, perché siano sollecitamente risolti, i problemi delle ragazze italiane”. Le conquiste femminili nella politica italiana passano per varie tappe. Nel 1951 Angela Maria Guidi Cingolani, nominata sottosegretaria all'artigianato, è la prima donna a ricoprire un incarico di Governo. Nel 1976 Tina Anselmi viene nominata ministra del Lavoro e diventa così la prima ministra nella storia della Repubblica. Tre anni dopo Nilde Iotti diventa presidente della Camera dei deputati. Nel 1982 Camilla Ravera è la prima donna nominata (da Pertini) senatrice a vita. Nel 1995 Emma Bonino è la prima italiana nominata Commissaria europea. Nonostante questi passi in avanti”, dice la presidente Boldrini, “c'è ancora molta strada da fare”: Boldrini cita la bassa occupazione femminile, la necessità di quote rosa per garantire la rappresentanza in politica, le disparità nella paga fra uomini e donne, la difficoltà a essere chiamate al femminile (sindaca, ministra), le tragedie provocate dalla “violenza travestita da amore” (come nel caso di Sara, la giovane uccisa a Roma dall'ex fidanzato). La mostra sarà aperta al pubblico fino al 31 ottobre, dal lunedì al venerdì e la domenica solo per la manifestazione “Montecitorio a porte aperte”. Il 14 giugno verrà inaugurata a Montecitorio anche la “Sala delle donne”, in cui saranno esposti i ritratti delle donne che hanno avuto incarichi di rilievo nella storia della Repubblica. Nella Sala, aperta alle visite delle scolaresche, ci saranno anche degli specchi. Il messaggio è: anche tu, ragazza che ti vedi in questo specchio, un giorno potrai essere sindaca, parlamentare, ministra.





