Antonio Preziosi, 54 anni, direttore di Rai Parlamento e la cover del libro
L’unica certezza è che il Papa doveva essere ucciso. Parte da questo punto fermo Antonio Preziosi, giornalista radiotelevisivo di lungo corso, attuale direttore di Rai Parlamento e da sempre attento alle vicende vaticane, che nel volume Il Papa doveva morire – La storia dell’attentato a Giovanni Paolo II (San Paolo, pp. 240, € 22) ricostruisce nei dettagli la giornata del 13 maggio 1981 quando Giovanni Paolo II, che a bordo della papamobile scoperta stava salutando i fedeli in piazza San Pietro prima dell’udienza generale, fu colpito da Ali Agca. Due colpi di pistola, forse tre. Il turco è un cecchino infallibile e la distanza da cui spara è davvero irrisoria per fallire il bersaglio. Eppure lo fallisce.
Il racconto intrigante di Preziosi, che si sofferma con grande attenzione su particolari apparentemente secondari ma che tali non sono, si apre con l’immagine dell’autoambulanza con la sirena scassata che si fa largo tra il traffico caotico di Roma per correre verso il Policlinico Gemelli, quello che Wojtyla, con sapida ironia, definirà il “Vaticano III” per via dei suoi sempre più frequenti ricoveri. Nessuno immagina che in quell’autoambulanza c’è il Papa con la veste sporca di sangue, che combatte tra la vita e la morte e in polacco s’affida alla Madonna di Częstochowa, tanto cara al suo popolo. L’Autore in questo volume dà conto delle implicazioni, per così dire, geopolitiche dell’attentato, evidenziandone anche le (molte) zone d’ombra connesse alle varie piste e ricostruzioni emerse dalle indagini. Il solo Ali Agca darà cinquantadue versioni diverse del suo gesto arrivando a tirare in ballo come mandante anche l’ayatollah Khomeini. Tuttavia, ciò che preme a Preziosi è raccontare l’agguato dal punto di vista del protagonista, quel Papa polacco dalla tempra dura di montanaro e dalla fede rocciosa, amato e ammirato dalle folle e temuto dai leader del Patto di Varsavia e soprattutto da Brežnev e dalla nomenklatura sovietica che guardano con sospetto a quell’uomo “venuto da lontano” che non ha fatto mistero di appoggiare il nascente sindacato polacco Solidarność e il cui ritorno in patria, un anno dopo l’elezione al Soglio di Pietro, è stato un vero e proprio successo.
Lo stesso Wojtyla, in una conversazione con Indro Montanelli, definirà un “garbuglio” tutta la vicenda. Preziosi, da par suo, spiega bene questa definizione perché nell’agguato si sovrappongono, fino a diventare quasi inestricabili, due piani: quello della realtà, che si può provare come hanno tentato di fare le inchieste giudiziarie, e quello mistico, legato alla fede, più difficile da dimostrare. Per esempio, Preziosi racconta che fu lo stesso chirurgo Francesco Crucitti, primario del Policlinico Gemelli che operò Wojtyla d’urgenza nel disperato tentativo di salvargli la vita, a non riuscire a spiegarsi la “strana traiettoria” del proiettile: un percorso a zig-zag, entrato dall’addome, uscito dal bacino, che evitò tutti gli organi vitali e l’arteria principale, di pochi millimetri. O il mistero della seconda religiosa, mai rintracciata, che insieme a suor Letizia Giudici, tuttora vivente, bloccò fisicamente Ali Agca consegnandolo alla polizia e salvandolo dal linciaggio della folla.
«Ma non sono stata io ad abbassargli il braccio», ha raccontato la religiosa a Preziosi, «anche perché ero addirittura convinta che quel signore stesse scattando delle foto. Invece non aveva in mano una macchina fotografica ma una pistola». Allora chi era l’altra suora? L’Autore racconta il legame di papa Wojtyla con suor Faustina Kowalska, l’apostola della Divina Misericordia che canonizzerà durante il Giubileo del 2000, e Madre Speranza di Gesù, al secolo María Josefa Alhama Valera, che ha fondato pochi chilometri da Todi, il Santuario dell’Amore Misericordioso di Collevalenza, alla quale si attribuiscono numerosi miracoli e che aveva con il Papa polacco un legame spirituale molto profondo.
Il fil rouge seguito da Preziosi, e questo è un altro merito del libro, non si esaurisce ai mesi successivi a quel 13 maggio ma conduce, nel tumultuoso dipanarsi del pontificato, al Giubileo del 2000 quando viene pubblicato integralmente il Terzo Segreto di Fatima con il messaggio affidato dalla Madonna ai tre veggenti-pastorelli: Giacinta e Francesco Marto e Lúcia dos Santos durante la prima apparizione del 13 maggio 1917. Insomma, tout se tient, secondo Giovanni Paolo II che in quella misteriosa deviazione del proiettile che doveva ucciderlo vide l’intervento misterioso di Maria e una volta giunto alla Cappella dell’apparizione a Fatima per incastonarlo nella corona della Vergine, dove tuttora si trova, disse: «Non ci sono semplici coincidenze nei disegni della Provvidenza».
Da potenziale terribile sciagura, l’attentato del 13 maggio 1981 divenne una pietra miliare di rinascita per la Chiesa e il Papa che da quel momento iniziò una personale e vivente catechesi sull’efficacia salvifica del dolore e della sofferenza. Per chi crede, l'ennesima dimostrazione che la Provvidenza scrive dritto su righe storte.