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giovedì 17 aprile 2025
 
la malattia e il voto
 

A piedi dal Papa per non dimenticare le ferite del Covid

04/09/2020  Valerio Mautone, 44 anni, infermiere insieme ai suoi tre fratelli tutti infermieri, alle loro mogli, infermiere a loro volta, ai genitori, il papà è infermiere da 40 anni, e ai loro figli sono stati ricevuti in udienza privata da Francesco questa mattina. Ma Valerio a san Pietro ci è arrivato dopo un pellegrinaggio di più di cento chilometri sulla Via Francigena. A maggio si è ammalato di Covid e ha fatto un voto.

La divisa dell'Ospedale Sant'Anna di Como donata a papa Francesco. Da sinistra: le due caposala Daniela Bordoli e Pamela Canu; e Valerio Mautone
La divisa dell'Ospedale Sant'Anna di Como donata a papa Francesco. Da sinistra: le due caposala Daniela Bordoli e Pamela Canu; e Valerio Mautone

Quando lo raggiungiamo al telefono l'emozione è ancora palpabile. Valerio Mautone, 44 anni, è appena uscito dall'incontro con papa Francesco in Vaticano. Un'udienza privatissima a cui hanno partecipato lui e i suoi tre fratelli, tutti infermieri, le mogli, infermiere a loro volta, i genitori, il papà è infermiere da 40 anni, e i figli. «In totale eravamo in 13. Abbiamo riempito l'aula». Valerio è un fiume in piena: «L'emozione è stata incredibile. Ci hanno fatto girare nei vari saloni e alla fine siamo arrivati nella stanza degli Ambasciatori che è l'anticamera all'incontro con il Santo Padre».

Dopo qualche minuto di attesa finalmente l'incontro «Nello studio del Palazzo Apostolico Vaticano, quello da cui si affaccia per l'Angelus. Incredibile. Ci ha accolti e ascoltati. Ha detto la sua su tante cose e poi abbiamo pregato insieme». Valerio con sé aveva portato «Le lettere, circa cento, di tanti infermieri, ma non solo, che avevano vissuto a vario titolo l'esperienza del Covid e due divise: una dell'ospedale Sant'Anna di Como, dipinta a mano con l'immagine di Bergoglio, la Basilica di San Pietro sullo sfondo e una sua frase: “L'unica battaglia che dobbiamo combattere è quella contro il male”. L'altra, fatta dal Cardiocentro di Lugano, più sobria com'è nello stile degli svizzeri: “Con affetto al buon amico papa Francesco”».

Il tutto è durato un'ora e mezza, di cui trenta minuti di incontro: «Abbiamo trovato la persona che pensavamo. Semplice come appare e umano; da ognuno di noi ha voluto sapere l'esperienza. Le sue parole sono state davvero toccanti. Per tutti noi è stato la realizzazione di un sogno». Per Valerio doppio, visto che è avvenuto al termine di un pellegrinaggio promesso dopo essersi ammalato di Covid e compiuto anche per chi, come lui, non poteva farlo: «Domenica sono partito da Como in macchina e sono arrivato a Viterbo. Da lì attraverso la via Francigena fin dal Papa; il tutto grazie a una guida e a google map; inizialmente dovevamo farlo tutti insieme insieme noi fratelli, ma poi per gli altri non è stato possibile. Era una promessa che avevamo fatto e il Papa lo sapeva: l'ho voluta mantenere».

 

i timbri sul passaporto del pellegrino
i timbri sul passaporto del pellegrino

Risultato? «Un bel viaggio da solo, molto introspettivo ma anche con tante difficoltà. Non sono un camminatore e non mi piace camminare. Ma, zaino in spalle, sono partito; ho anche avuto un'intera giornata di pioggia in cui ho percorso 16 km. Alla fine i piedi erano distrutti. Le ultime due tappe le ho fatte con una sofferenza incredibile. Ma andare a San Pietro a piedi non aveva prezzo. Ho percorso tra i 118 e 125 km ( perché i monasteri dove ho dormito erano arroccati in posti impervi) e per ogni tappa ho ricevuto un timbro. Arrivato a San Pietro mi hanno dato il Testimonium, la pergamena che viene data al pellegrino che effettua 100 km a piedi per recarsi fino alla Santa Sede». Lungo la strada anche tanti incontri: «Molti stranieri e una coppia di Cagliari con cui ci scriviamo. L'ultimo giorno, attraversando la riserva Insugherata ormai a Roma ho trovato un lupo che mi ha seguito per diversi chilometri, fino a raggiungermi. Io col cuore in gola, lui mi ha annusato e ha camminato a fianco a me per 2 o 3 km. All'uscita del parco c'era il suo padrone ad aspettarlo che si è scusato».

I fratelli Martone davanti a San Pietro: da sinistra, Stefania, Maria, Raffaele e Valerio
I fratelli Martone davanti a San Pietro: da sinistra, Stefania, Maria, Raffaele e Valerio

Tutto bene quel che finisce bene, verrebbe da dire. «Soprattutto quando un'esperienza si fa con una forte motivazione. L'idea del pellegrinaggio è nata parlando con i miei fratelli; così quella di raccogliere le lettere che volevamo rappresentassero le lacrime e le sofferenze delle persone che si erano ammalate. Ma anche gli infermieri ed ecco allora la realizzazione delle divise. Il Papa ha accolto di buon grado i nostri doni».

Valerio si è ammalato il 18 maggio, dopo aver trascorso due mesi in Rianimazione Covid. È passato per 42 giorni di isolamento restrittivo e terapia per la malaria. «Aver lavorato nelle rianimazioni mi ha messo doppiamente paura. Sapevo a cosa potevo andare incontro. Invece, per fortuna, i sintomi respiratori sono andati via in fretta, sono rimasti solo quelli gastrointestinali. Il pellegrinaggio, oggi, dopo il Covid ha un gusto doppio. L'ho fatto in onore di tanti che non hanno potuto partecipare. Penso a un mio coscritto che si è ammalato ed è deceduto dieci giorni fa. L'ho fatto per lui, per tanti colleghi e per i pazienti che non sono stati così fortunati».

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