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sabato 02 novembre 2024
 
giorno della memoria
 

A Trieste la prima pietra di inciampo in Italia per un rom e sinti

26/01/2023  L’alleanza tra le comunità ebraica e romanès. Dal 18 gennaio 2023 il suo nome è rientrato nello spazio pubblico di Trieste. «Qui suonava Romano Held»: così si legge nella pietra di inciampo posta in piazza della Libertà, di fronte alla Stazione

L’italiano Romano Held, nato a San Pier d’Isonzo in provincia di Gorizia, aveva 17 anni quando, il 1 maggio 1944, venne arrestato mentre si stava muovendo con la sua carovana nella zona di Palmanova. La sua famiglia, da sempre vissuta nella zona di Trieste, si era riparata sui monti sopra Udine (Fagagna) dopo che, con l’armistizio del 1943, quell’area di confine era passata sotto il controllo diretto del Terzo Reich. La sorella raccontò che l’arresto si doveva alla “soffiata” di un collaboratore fascista italiano ai soldati tedeschi.

Così il diciasettenne fu portato al carcere di Udine, nei cui registri (oggi all’Archivio di Stato) è riportata la sua colpa accanto al nome: “girovago”. Sì, perché Romano era il figlio di un sinto italiano e di una donna rom istriana, una famiglia di musicisti che fu vittima del genocidio nazifascista dei rom e sinti. Il 31 maggio 1944 i documenti attestano che a Udine Romano sale sul convoglio n. 48 partito da Trieste con destinazione Dachau, dove giunge il 2 giugno. Qui, mettendo in pratica la deumanizzazione tipica del sistema concentrazionario nazista, viene trasformato in un numero: matricola 69525. Alla liberazione del campo da parte dell’armata statunitense, Romano è ancora vivo: torna in Italia dalla famiglia, dove riprende a svolgere l’attività di musicista. Non per molto: anche a causa delle pessime condizioni di salute patite nel lager, muore a Trieste nel 1948, a soli 21 anni.

Dopo anni in cui il ricordo è rimasto solo una “questione di famiglia”, dal 18 gennaio 2023 il suo nome è rientrato nello spazio pubblico di Trieste. «Qui suonava Romano Held»: così si legge nella pietra di inciampo posta in piazza della Libertà, di fronte alla Stazione (dove oggi passano tanti profughi della rotta balcanica, a cui i volontari curano le ferite ai piedi). Per la posa è appositamente giunto dalla Germania Gunter Demnig, l’inventore delle pietre di inciampo (oltre 90mila in 26 Paesi, in prevalenza Germania, Paesi Bassi, Austria, Italia e Repubblica Ceca). La giornata è storica: è la prima volta che in Italia viene posta una pietra di inciampo per un rom e sinto. Tra l’altro, l’idea del progetto artistico per “lasciare traccia” della persecuzione nelle città europee, era venuta all’artista tedesco nel 1992 ascoltando un cittadino che negava la deportazione di oltre mille sinti a Colonia. Da qui l’idea di un blocco incorporato nel manto stradale e ricoperto da una piastra di ottone lucente con pochi dati identificativi.

Romano Held è così il primo rom e sinto in Italia ad essere ricordato con questa forma di “memoria diffusa”, che ci porta nelle nostre città a “inciampare” nei nomi di ebrei e deportati politici. Ha detto la pronipote Eleonora Ferrari, laureata all’Università di Trieste: «Quando ho letto il nome di Romano, fratello di mio nonno, mi è esploso il cuore dalla commozione: finalmente è arrivato il momento di parlare dell’evento traumatico che è stata la deportazione».

Tanti sono i parenti intervenuti alla posa, insieme ai rappresentanti rom e sinti giunti da tutta Italia.  Con loro, il rabbino di Trieste Alexander Meloni e diversi membri della Comunità ebraica. L’iniziativa nasce infatti dall’alleanza delle associazioni giovanili di queste minoranze, l’Unione dei Giovani Ebrei d’Italia (Ugei) e l’Unione delle Comunità Romanès in Italia (Ucri). Gennaro Spinelli dell’Ucri, dopo aver suonato il violino appartenuto a Held e poi conservato da un amico di famiglia triestino, ha detto: «Questo progetto è storico non solo per la memoria, ma anche per la grande cooperazione che c'è stata per arrivare ad un risultato comune». «È una storia di fratellanza e condivisione – gli fa eco Simone Santoro dell’Ugei – tra la comunità ebraica e quella romanès: ricordare la deportazione dei rom e sinti, nell’Italia di oggi, ha per un noi un valore enorme».

Oltre a Ucri e Ugei, al progetto “Memoria a più voci” hanno partecipato l’associazione Arte in memoria e il Dipartimento di Storia, antropologia, religioni, arte e spettacolo della Sapienza di Roma; Luca Bravi dell’Università di Firenze e Stefano Pasta dell’Università Cattolica di Milano si sono invece occupati delle ricerche storiche che hanno rintracciato la documentazione necessaria per la posa della pietra. Spiega Bravi: «Nel 2013 intervistai a Trieste i nipoti di Romano Held e ne raccolsi la testimonianza. La storia viveva nelle comunità ma non nello spazio pubblico comune. Oggi la pietra in piazza della Libertà ha portato questa narrazione di comunità a farsi memoria pubblica collettiva e storia italiana, finalmente riconosciuta».

Come la storia di Romano racconta, la deportazione nazifascista dei rom e sinti è una storia profondamente italiana. Dimenticata. Chi oggi sente come parte della nostra memoria collettiva i nomi di Agnone, Gonars, Boiano e Prignano? Questi e altri sono campi di concentramento dove sono stati detenuti rom e sinti, rastrellati in Italia e poi in parte deportati nei campi di sterminio.

Quante furono le vittime rom e sinti dei nazifascisti? Le stime variano, di solito si afferma siano almeno 500mila. Probabilmente è una sottostima, ma risulta impossibile conteggiare individui non segnalati all’anagrafe e spesso uccisi per strada o nelle esecuzioni sommarie all’Est. Ma la difficoltà a stabilire il numero delle vittime testimonia anche il disinteresse: subito dopo la guerra, su questo genocidio calò l’oblio. Oggi, “inciampare” nella pietra di Romano permette di rompere quel silenzio.

Per approfondire:

 

Lo sterminio dei sinti e dei rom. Come l’antiziganismo diventa genocidio (www.porrajmos.it), realizzato dalla Coalizione Italiana per le Libertà e i Diritti civili, l’Università di Firenze, Sucar Drom e Associazione 21 Luglio.

Giving memory a future. Rom e sinti in Italia e nel mondo (www.romsintimemory.it), realizzato dal Centro di Ricerca sulle Relazioni Interculturali dell’Università Cattolica di Milano e dall’Usc Shoah Foundation Institute.

 

 
 
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