Aveva un sorriso mite e uno stile essenziale, padre Maurizio Annoni, morto giovedì sera a Milano dopo una lunga malattia. Non amava affatto le luci della ribalta quando, per la sua Opera San Francesco, che ha guidato per diciannove anni, era costretto a presenziare ai galà di beneficenza e agli eventi di raccolta fondi. Perché l’evento – in una città, Milano, che abusa di questa parola fin troppo – per padre Maurizio era unicamente il volto del povero che bussava alla sua porta. Senza tetto, clochard, tossicodipendenti, immigrati, padri separati, anziani soli, ragazze madri. Disperati d’ogni disavventura e colore. Ma anche persone benestanti che avevano perso il lavoro da un giorno all’altro e non avevano neanche la dignità e la forza di chiedere aiuto.
Sulla sua scrivania, accanto alla mensa di piazza Tricolore, a due passi da San Babila, erano accatastati curricula, bollette da pagare, appunti per dire a quella signora che si vergognava di venire in mensa che per quelle come lei c’era una fila riservata, più nascosta. Scartoffie di mille afflizioni in una città col più alto reddito d’Italia, la città della moda e dei quartieri chic, divenuta, negli anni della grande crisi, un buon punto di osservazione per misurare la “febbre” di miseria del nostro malandato Paese. Opera San Francesco è stata e resta un osservatorio nell’osservatorio. Il cuore ricco e famoso della città ha le arterie che sempre di più si ingrossano vistosamente di povertà. Padre Maurizio ne misurava la febbre e con la sua Opera, insieme alle migliaia di volontari, dipendenti, benefattori, cercava di abbassarla un po’. Con discrezione e senza retorica.
«Se la portineria del nostro convento potesse parlare, chissà di quante sofferenze, accolte e soccorse, potrebbe raccontare», diceva in un’intervista di qualche tempo fa per Famiglia Cristiana mentre mostrava una foto del 1945 con le persone in coda per ricevere un po’ di minestra e un tozzo di pane da fra Cecilio Cortinovis, il mitico guardiano del convento di viale Piave che nel 1958, grazie alla generosità dell’industriale Emilio Grignani, tirò su quella che sarebbe diventata l’Opera e che quest’anno, a dicembre, compie sessant’anni di vita. E a chi giudicava inopportuna una mensa del genere in una zona elegante e borghese come questa fra Cecilio replicava: «Ma è mai possibile che in centro a Milano non debba esserci posto per i poveri?».
Padre Maurizio Annoni nella mensa di Opera San Francesco
Più che imporci sacrifici, conta la misericordia
La malattia ha portato via padre Maurizio nel sessantesimo anno di vita di Opera San Francesco nata ufficialmente il 20 dicembre 1959 e inaugurata dall’allora arcivescovo di Milano, il cardinale Montini. Il suo operato per la comunità è stato riconosciuto nel 2016 con la nomina a Cavaliere dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana da parte del Presidente della Repubblica Italiana e nel 2018 con l’assegnazione dal Comune di Milano dell’Attestato di Civica Benemerenza.
Su Facebook, il cordoglio del sindaco di Milano Giuseppe Sala: «Sono passato a salutare padre Maurizio poco prima che ci lasciasse, purtroppo non era cosciente, ma spero abbia sentito la mia presenza, come io ho sentito la sua, come deve essere per due amici», ha scritto in un post, «Milano gli deve molto, per il suo costante impegno e per la volontà di contribuire affinché tutti abbiano un’esistenza dignitosa. Riposa in pace caro Padre Maurizio».
Il vicepresidente dell’Opera, fra Marcello Longhi, che ora ne prenderà il posto, lo ricorda come «un uomo intelligente e buono, un frate sacerdote appassionato e una guida sicura e lungimirante».
Padre Maurizio era nato a Milano nel 1952 dove si era laureato in Ingegneria civile al Politecnico, successivamente è entrato nell’Ordine dei Frati Minori Cappuccini, ha professato i suoi voti perpetui il 29 aprile del 1984 ed è stato ordinato sacerdote il 7 settembre 1985. Ha ricoperto la carica di Ministro Provinciale dei Frati Minori Cappuccini della regione Lombardia dal 1994 al 2000 e nel 2000 è stato nominato presidente di Opera San Francesco per i Poveri.
Qualche giorno fa, in occasione della Quaresima, aveva scritto una lettera a tutti i collaboratori dell’Opera: «Mi piacerebbe che tutti noi ci impegnassimo a praticare la misericordia, più ancora che imporci sacrifici», le sue parole, «ma che cos’è la misericordia? La misericordia è il battito del cuore di Dio, è la pienezza della sua fiducia contenuta nel perdono che Lui sempre ci offre, è il suo sguardo pieno di premura e di compassione per ciascuno di noi. Anche noi siamo chiamati ad avere lo stesso cuore, ad offrirci la stessa fiducia e lo stesso perdono, a guardarci con la stessa premura e la stessa compassione». Quasi un testamento dello stile, la dedizione e la cura con cui in questi anni ha guidato Opera San Francesco per i poveri.