Contribuisci a mantenere questo sito gratuito

Riusciamo a fornire informazione gratuita grazie alla pubblicità erogata dai nostri partner.
Accettando i consensi richiesti permetti ad i nostri partner di creare un'esperienza personalizzata ed offrirti un miglior servizio.
Avrai comunque la possibilità di revocare il consenso in qualunque momento.

Selezionando 'Accetta tutto', vedrai più spesso annunci su argomenti che ti interessano.
Selezionando 'Accetta solo cookie necessari', vedrai annunci generici non necessariamente attinenti ai tuoi interessi.

logo san paolo
mercoledì 12 febbraio 2025
 
la testimonianza
 

Adriana, guerriera di luce: «Così ho dichiarato guerra alla mia malattia»

27/03/2024  Un passato di ballerina alle spalle, il rapporto difficile col padre, poi la diagnosi: "Ma non mi rassegno. Ci sono due modi di vivere. Uno è pensare che niente è un miracolo. L’altro è pensare che ogni cosa è un miracolo". Un esempio luminoso per tutte le donne che devono affrontare il tumore al seno

Per Jim Morrison, e per Adriana, bisognerebbe vivere ogni giorno come se fosse l’ultimo pensando di non dover morire mai. «Cucinare mi rilassa. L’idea che un vicino di casa o un amico rientrando dal lavoro passi da me e trovi il pranzo o la cena pronti mi fa sentire utile. Sto tanto tempo ai fornelli. Una sensazione impagabile ora come ora che non riesco più a uscire. Mi accontenterei di una passeggiata ai minimi termini. Ma sono sicura che riprenderò e sarà bellissimo. Metterò la musica nelle cuffie e scandirò la camminata a ritmo di danza».

Adriana, milanese, poco più che cinquantenne, reagisce così al cambiamento che fa cadere le sue sicurezze («Ma non i capelli, li ho rasati io prima. È stata la mia dichiarazione di guerra»).
Durante la prima chemioterapia, la scorsa primavera, scrive delle pagine intense, senza retorica, senza banalità. Schiette come lei. C’è anche un titolo: Oltre l’oltre. Che è la sintesi di come vive il cambiamento: guardando oltre, in senso modale e spaziale ma anche temporale. Fa una bella risata: «Mi hanno detto che è troppo lungo per essere un manoscritto e troppo corto per essere un racconto». Comunque sia, sono pagine di straordinaria resilienza. In cui si mette a nudo. La resilienza è quella capacità di assorbire un urto senza rompersi, vale per le cose e per le persone.

Facciamo un passo indietro: infanzia e adolescenza difficili, disturbi alimentari, una convivenza finita (molto) male. Ma con la danza nel cuore: “era ossigeno”, ripete più volte. Fino alla lesione del crociato anteriore: inizio di un’odissea fatta di interventi invasivi e di una protesi al ginocchio “per colpa di un errore medico”, rimarca. Fino al cancro al seno (“nello stesso punto dove l’aveva avuto mia mamma, solo che lei era arrivata a 93 anni”). Cancro che dopo un primo intervento, due anni e mezzo fa, si è ripresentato oggi più aggressivo (“con una metastasi nella colonna vertebrale”). “Ogni giorno lo vivo come una grande avventura, non so mai cosa mi aspetta”.

Con Adriana si parla più di danza, di passioni, di positività, di senso della vita. È serena nonostante le grandi solitudini. Nonostante tutto (“C’è chi nella mia condizione è già sulla sedia a rotelle”). Perché Adriana è oltre il suo dolore. È più forte del suo dolore. Perché il male che l’ha limitata nel fisico, mutilandola vigliaccamente (“mi ha tolto ogni parvenza femminile”), l’ha resa ancora più indomita, composta e fiera. Adriana è una guerriera di luce. E lo è stata in tutta la sua vita un po’ acciaccata in cui ”ci sono state cose peggiori della malattia”. Probabilmente allude a quando ha dovuto appendere le scarpe da ballerina al chiodo. Un sogno che ci abbandona è la morte peggiore.

Nelle sue pagine scrive che quando non era ancora nata il padre ebbe un incidente in auto in cui perse la vita uno zio a lui caro. “Da allora non fu marito. Non fu padre. Non fu più uomo. L’ospedale psichiatrico divenne la sua vera casa per molto tempo. Una volta dimesso ci fece conoscere i suoi demoni. Strano che, però, i suoi demoni andassero  a trovarlo solo in via Roma 67 e mai al bar. Imparai a riconoscere la differenza fra chi soffre ma lotta, per la propria dignità, per il rispetto di chi ti subisce, per essere d’esempio e chi invece soccombe soffocato dagli alibi. La differenza non sta nel dramma che capita ma nel riuscire a colorare il buio”.

“Il mondo si divide in due: quelli che hanno il cancro e quelli che non ce l’hanno”. Le parole di Adriana sono forti, mai “buttate” a casaccio. È vero che se cadi in mare devi nuotare o anneghi, non ci sono alternative, ma quanti nel bel mezzo di un uragano riescono a metterle in pratica e a tenere la rotta come fa lei? Proprio per non “buttare” a caso le parole (cosa che oggi va di moda), è, forse, il caso di definirli eroi. Chi sono gli eroi? Adriana, guerriera di luce, che non combatte contro la morte ma per la vita, lo è. Adriana è quella boccata di ossigeno che ti fa capire che di quello che ti accade devi imparare a sostenerne il peso. O vali il tuo dolore.

Ci sono due modi di vivere. Uno è pensare che niente è un miracolo. L’altro è pensare che ogni cosa è un miracolo. È curioso che ci affanniamo tutta la vita a vivere nel primo modo per poi capire, rileggendola all’indietro, che andrebbe vissuta nel secondo. Al di là del bene e del male.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Segui il Giubileo 2025 con Famiglia Cristiana
 
 
Pubblicità
Edicola San Paolo