È un incontro scoppiettante quello con Aldo Baglio, Giovanni Storti e Giacomo Poretti. Difficile con loro restare seri, nascono spontanee le gag, le improvvisazioni, si rubano la parola l’un l’altro, e poi se la riprendono, in tutta scioltezza, dimostrando un affiatamento incredibile, quello che li tiene insieme da 25 anni, festeggiati durante la scorsa stagione con uno spettacolo teatrale che riprendeva tutti i loro sketch più celebri, con un libro, Tre uomini e una vita. La nostra (vera) storia raccontata per la prima volta (Mondadori), scritto con il giornalista Michele Brambilla, e ora con un nuovo film natalizio, Fuga da Reuma Park nelle sale cinematografiche dal 15 dicembre 2016.
Nel film i tre comici si ritrovano tra vent’anni in un ospizio, ormai vecchietti: c’è Giacomo, sulla sedia a rotelle e una flebo di barbera attaccata al braccio; Giovanni, smemorato ma sempre attratto dalle belle donne; e Aldo, abbandonato dai figli proprio la vigilia di Natale. La casa di riposo è un luna park e la responsabile è Ludmilla, una corpulenta virago interpretata da Silvana Fallisi, la moglie di Aldo. Ma i tre vecchietti non ci stanno a trascorrere rinchiusi il giorno di Natale e a bordo di un sidecar, prendono la via della fuga con il sogno di arrivare nientemeno che a Rio de Janeiro.
Quello dei vecchietti non è un ruolo del tutto nuovo per il trio....
«Sempre sull’onda dei festeggiamenti dei nostri 25 anni di carriera volevamo chiudere un ciclo e riproporre lo sketch dei vecchietti che ci ha accompagnato per molto tempo. È stato il primo in assoluto da quando abbiamo cominciato a lavorare insieme. Si può dire che i vecchietti ce li abbiamo nel Dna».
Si ride ma si toccano anche temi attuali legati alla condizione degli anziani: la perdita della memoria, l’abbandono, la solitudine. Era vostra intenzione invitare il pubblico a riflettere?
«Per fare un discorso serio ci vuole la faccia giusta. Noi ci limitiamo a giocare, anche se, certo, gli spunti ci sono: i nostri vecchietti sono portati lì a morire e in realtà scappano, hanno una vitalità incredibile e non si arrendono davanti alla fine della vita. Gli anziani tendono a essere messi in un angolo, noi invece ci rifiutiamo, per noi la vecchiaia è anche allegria, è ritornare all’infanzia. Se hai un obiettivo sei sempre giovane».
E che rapporto avete voi con la terza età?
«Io che ho compiuto sessant’anni ci ho già messo un piede dentro», scherza Giacomo. «E con lui li abbiamo compiuti tutti», si inserisce Aldo, «perché ci prendono sempre in blocco. Condividiamo tutto: le mogli, i figli, l’età…».
Continua Giacomo: «Con mia mamma sono delle belle battaglie. Mi sono reso conto che da anziano ti viene un desiderio di autonomia anche perché sviluppi un senso di essenzialità. Non accetta il mio aiuto, anche se io in passato ho lavorato in ospedale».
A chi è venuta l’idea di ambientare una casa di riposo in un luna park?
«È stata di Eleonora Ponzoni, la scenografa, che ci ha proposto questa ambientazione surreale per non appesantire il clima: una casa di riposo normale fa subito tristezza, ecco perché abbiamo cercato un posto bizzarro. Si tratta dell’Idroscalo di Milano. il film lo abbiamo girato lo scorso inverno, quando era chiuso, con l’aggiunta di un piccolo tendone da circo che è diventato lo spazio comune dei vecchietti».
Vi aspettate altri venticinque anni di carriera per arrivare a festeggiare “le nozze d’oro”?
«Forse è un po’ esagerato, ma noi ci saremo sempre se avremo ancora il pubblico che ci segue».
Tanti personaggi, tante risate. Come nascono le vostre idee?
«Difficile attribuire la paternità di un’idea, che è il frutto di tante piccole idee. Ci si incontra spesso, quasi ogni giorno, parliamo un po’ di tutto, anche di calcio, tifiamo tutti e tre Inter. Poi, anche divagando, arriva l’illuminazione. Tra noi c’è molto affiatamento, capita che iniziamo a improvvisare e poi si arriva al lavoro vero, costruire la scena».
Di tutti i vostri sketch a quali siete più affezionati?
«Quello del medico malato di Alzheimer che dimentica le cose», risponde Giovanni. «La gag della Betty, quella che appare nel nostro primo film, Tre uomini e una gamba», dice Aldo. «La scenetta dell’automobile, con il viaggio da Milano a Pizzo Calabro, dove l’auto sono tre sedie e il volante è quello di una macchinina per bambini», dichiara Giacomo.
Come è stato ripercorrere la vostra carriera a teatro?
«All’inizio eravamo timorosi all’idea di rinverdire i vecchi sketch dopo tanti anni. Poi ci siamo accorti che possiamo rifare qualsiasi cosa. Tranne i Bulgari. Troppo faticosi, in fondo non abbiamo più l’età!».