Raffaello, Madonna di Foligno (Pinacoteca Vaticana). L'opera d'arte scelta da Barbara Jatta per rappresentare la Bellezza
Un piccolo ascensore incuneato tra le antiche mura conduce a uno spicchio di paradiso. La terrazza del Belvedere è il punto più alto dei Musei Vaticani. Le statue della facciata di San Pietro, i cortili, i giardini, le antiche mura e i vari edifici che nei secoli hanno dato vita alla città del Papa di Roma sono a un tiro di schioppo, e intorno Roma e provincia a 360 gradi. «È un posto meraviglioso. La bellezza del paesaggio, la campagna romana dai Castelli al Monte Soratte e l’emergenza architettonica, l’opera dell’uomo».
È l’angolo del cuore di Barbara Jatta, la donna che dirige i Musei Vaticani dal primo gennaio 2017. Sottovoce, racconta: «In questi giorni mi è capitato di portare qui degli ospiti al tramonto, dopo aver visitato i Musei… e pensando a mio marito (Fabio Midulla, ndr), pediatra in ospedale, mi sentivo una privilegiata, perché lavoro con la bellezza, con questi luoghi universali dell’arte e della fede. Passo dai capolavori dell’arte alla bellezza della natura». Non è difficile crederle. Gli occhi brillano mentre racconta di quadri restaurati, dei laboratori di ricerca conservazione studio, del successo del percorso museale nato nelle Ville Pontificie, dei progetti in corso, dei gemellaggi futuri, dei capolavori esposti nei sette chilometri di visita e di un patrimonio che conta circa 200 mila opere, il 70 per cento conservato nei depositi.
BARBARA JATTA È LA PRIMA DIRETTRICE DONNA DEI MUSEI VATICANI
È la prima donna a dirigere i Musei voluti da papa Giulio II nel 1506, uno dei dieci più visitati al mondo, che in tempi pre-pandemia aveva picchi di 28 mila visitatori al giorno, circa 6 milioni all’anno. In uno Stato dove i ruoli di responsabilità sono ancora prevalentemente al maschile e clericali. «Ho fatto di recente l’incontro dei direttori del Governatorato. Ero l’unica donna. Ma qualcosa sta cambiando, dopo di me ci sono state altre nomine al femminile». Le sue scelte per i collaboratori interni, dice, non sono state condizionate dal genere. «Spero di non essere sessista, guardo alle competenze».
Allenata a farsi valere lo è stata fin da piccola. Il papà, Francesco Jatta, avvocato pugliese poi trasferitosi a Roma, aveva educato le tre figlie femmine – Alessandra, Fabiola e Barbara, l’ultima nata, nel 1962 – secondo una chiara indicazione esistenziale: «Siate sempre autonome, mentalmente ed economicamente, dai vostri compagni e mariti futuri». A questo aveva aggiunto quella passione per una formazione accurata, accompagnata da una libertà di pensiero, da una curiosità intellettuale, dall’attenzione allo sport, maturata alla scuola dei Gesuiti, presso il Collegio Mondragone dove aveva studiato. «Ci ha comunicato anche questo aspetto ludico dell’educazione. Noi figlie siamo sportive, io ho giocato a pallavolo fino a 4 anni fa. Sicuramente, al tempo stesso ci ha sempre spronato a studiare».
E quando gli inizi del lavoro, la specializzazione all’università, la collaborazione con la Biblioteca Apostolica e in contemporanea l’insegnamento di storia delle arti grafiche all’Istituto Suor Orsola Benincasa di Napoli coincidono con la nascita dei tre figli – Marco, Fabiola, Giorgio, ormai grandi – sarà ancora una volta papà Francesco a dare una mano e a esortare: «“Non devi smettere di fare quello che ti piace”. Mi ha aiutato a continuare», dice Barbara. «Ho insegnato 24 anni. È stato faticoso conciliare il pendolarismo con la famiglia e il resto, ma rifarei tutto daccapo. Ho sempre pensato che era molto bello insegnare teoria in classe e poi occuparsi di una collezione meravigliosa come quella delle arti grafiche della Biblioteca Vaticana; ho avuto l’opportunità di farlo per 20 anni, di riorganizzarla, di avviare progetti di digitalizzazione. Inoltre il contatto con i ragazzi è stato fondamentale, lo avevo anche con i figli a casa: ti riportano alla concretezza della realtà. Diversi miei studenti oggi lavorano in posti prestigiosi. Penso che ognuno nel suo piccolo con il proprio lavoro debba impegnarsi a lasciare qualcosa per migliorare questo mondo».
L’IMPRINTING DELLA FAMIGLIA: BARBARA JATTA, FIGLIA D'ARTE NELL'ARTE
Dal lato materno Barbara già in fasce respira bellezza, cresce fra tele, pennelli, atelier. La mamma, Maria Cristina, romana, è esperta di arte bizantina, iconografa, restauratrice di dipinti; la nonna, la contessa russa Alexandra Olsoufiev, è pittrice e il nonno materno è Andrea Busiri Vici D’Arcevia, noto architetto, critico d’arte e collezionista romano. «A 12 anni avevo deciso che volevo studiare l’arte. Nonna era ritrattista, passavamo tanto tempo a casa sua, a Via Giulia. Vedevo che con i tratti di matita riusciva a riprodurre non soltanto la fisionomia di una persona, ma l’anima. Inoltre aveva tante stampe in casa, ne ero affascinata.»
Visitare musei con una banda di cugini, poi ritrovarsi a casa della nonna a fare gare di disegno nel riprodurre le opere viste, tra una merenda e un gioco; oppure osservare la madre dipingere icone. Per Barbara significherà prima dilettarsi a provare e mettere giù qualche disegno, frequentare corsi di iconografia e poi capire che «più che nel produrre volevo fruire dell’arte e divulgarla». La famiglia avrà il suo peso non solo nella scelta degli studi, ma anche nella sua formazione spirituale. «Una famiglia fortemente cattolica, una formazione segnata da mia nonna, che negli ultimi anni di vita era diventata terziaria francescana, e da mio padre, che a Roma aveva continuato a frequentare padre Parisi, suo precettore poi diventato parroco a San Roberto Bellarmino».
VICINI A DON TONINO BELLO
Tra Francescani e Gesuiti, la frequentazione di amici scout, gli allontanamenti dell’adolescenza e i ritorni, la vita viene sfiorata anche da un santo dei giorni nostri. La casa di famiglia a Ruvo di Puglia, quella dove si trascorrevano le lunghe estati dell’infanzia prima di ritornare a Roma per la ripresa delle scuole, è oggi la Casa, la Comunità Accoglienza Solidarietà Amicizia, fondata da don Tonino Bello.
«Mio zio Carlo, insieme a papà, decise di aiutare una causa che sentivamo in famiglia. “Credo sia una delle cose più belle che ho fatto nella mia vita”, mi disse mio padre, parlandomi dell’attività di don Tonino. Me lo ricordo come se fosse ieri». Oggi a Ruvo c’è ancora il palazzo di famiglia, dove ha sede il Museo Archeologico Nazionale Jatta, collezione di vasi e ceramica apula e italica che gli antenati di Barbara hanno collezionato dagli anni ’20-’30 dell’800. Una collezione importante, che racchiude i reperti degli scavi fatti nella zona. Il filo rosso di arte e bellezza ha sempre accompagnato la vita di Barbara Jatta.
«La bellezza per me», dice «è qualcosa che ti scalda il cuore, ti fa stare bene, e aiuta a essere migliore. Ne sono convinta». Durante il lockdown, racconta «venivo qua la mattina, anche per dare man forte ai custodi, ai clavigeri (coloro che gestiscono le chiavi dei diversi ambienti museali, ndr), all’Ufficio del Conservatore e monitoravamo i Musei. Venivo per “stare”. La pandemia mi ha insegnato a non dare niente per scontato. I programmi vanno fatti, ma da un momento all’altro tutto può cambiare. Bisogna accogliere quello che arriva e cogliere le opportunità. Ho anche capito che va preso tutto con un po’ di calma, le cose si possono fare con un tempo più umano e alla fine vengono fatte anche meglio».
Nei tre mesi di chiusura ai Musei si è lavorato per il catalogo on line, ogni reparto ha incrementato la parte del web, e con il dicastero della Comunicazione sul sito vaticannews.va è partita la rubrica L’arte che consola. La bellezza che unisce, dove ogni giorno si continua a proporre un capolavoro delle collezioni vaticane a commento delle parole dei Papi. «La bellezza crea ponti, tra popoli, religioni, tra generazioni. Papa Francesco lo ha ricordato in più di un’occasione: “I Musei Vaticani siano una casa viva dove percepire concretamente che lo sguardo della Chiesa non conosce preclusioni”», ricorda Jatta. In questi anni la mostra cinese e quelle sull’arte russa sono state sicuramente ponti che, con la linguaggio dell’arte, hanno accompagnato la via della diplomazia e dell’ecumenismo. Jatta ricorda in particolare il successo dello scambio con Mosca, quella dei capolavori vaticani alla Galleria Tretyakov, «poi prorogata tanto era l’afflusso della gente che è andata a visitarla», e la mostra dell’arte russa in Vaticano. «Papa Francesco è venuto a visitarla e non ha voluto che fosse chiusa al pubblico per la sua presenza. C’era un ritratto di Dostoevskij su cui il Papa si è soffermato, e poi abbiamo scoperto la sua passione per lo scrittore russo».
Chiesa Domine Quo Vadis (S. Maria in Palmis) a Roma. Il "luogo" di Bellezza scelto da Barbara Jetta (foto: di LPLT - Opera propria, CC BY-SA 3.0,
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LA VIA DELLA BELLEZZA E I 500 ANNI DI RAFFAELLO
Per l’anniversario dei 500 anni di Raffaello, Jatta ci tiene a ricordare che Dostoevskij aveva un particolare predilezione per un’opera del Maestro d’Urbino: la Madonna Sistina. «Sicuramente non possiamo vivere senza pane, ma anche esistere senza bellezza è impossibile», ripeteva lo scrittore. «Bellezza è più che estetica; possiede una dimensione etica e religiosa. Lui vedeva in Gesù un seminatore di bellezza. E papa Francesco ha dato speciale importanza alla trasmissione della fede cristiana proprio attraverso la Via pulchritudinis (la via della Bellezza). Non basta che il messaggio sia buono e giusto. Deve essere anche “bello”: solo così arriva al cuore delle persone e suscita l’amore che attrae. Il Papa insiste nel dire che è importante che ogni catechesi presti una speciale attenzione alla “via della bellezza”. Tutte le espressioni di autentica bellezza possono essere riconosciute come un sentiero che aiuta a incontrarsi con il Signore Gesù». Anche per questo, sostiene Jatta, la cura, la conservazione dei Musei Vaticani è importantissima. La pandemia ha inciso pesantemente sulle entrate dei Musei, e Barbara Jatta non nasconde qualche preoccupazione per riuscire a mantenere in futuro l’ampia gamma di attività che finora è stata assicurata. «Il Louvre, l’Ermitage, ricevono aiuti statali, noi ci autofinanziamo. Queste collezioni sono fondamentali anche nell’educazione delle coscienze, dell’estetica, della fede. C’è una componente di evangelizzazione, ma anche di educazione al bello che porta ad alti livelli di spiritualità, che soltanto in parte si trova in altri musei. Questo è veramente un luogo speciale»
Chi è Barbara Jetta
UN LUNGO IMPEGNO IN VATICANO
Dal 1996 al 2016 Barbara Jatta è stata responsabile del Gabinetto delle Stampe della Biblioteca Apostolica Vaticana. Nel 2010 è stata nominata Curatore delle Stampe presso la Biblioteca Apostolica Vaticana. Da giugno a dicembre 2016 è stata vicedirettrice dei Musei Vaticani, per poi diventarne direttrice dal 1° gennaio 2017.
Età 54 anni
Professione direttrice dei Musei Vaticani
Famiglia Sposata, ha tre figli
Fede Cresciuta in una famiglia vicina a Francescani e Gesuiti
BELLEZZA
I preferiti di Barbara Jatta
Luogo
Chiesa Domine Quo Vadis (S. Maria in Palmis) a Roma.
Musica
W. A. Mozart, Sonata per pianoforte K 331
Arte
Raffaello, Madonna di Foligno (Pinacoteca Vaticana).
(foto in alto: Barbara Jatta, Reuters)