Scienziati, scrittori, teologi a confronto per parlare di natura, cambiamenti climatici, ecologia nel Forum di formazione e riflessione dal titolo "Riabitare la montagna. Transizione ecologica, cammini e un prete di montagna" che si terrà dal 15 al 17 luglio presso il “Centro Papa Luciani” di Santa Giustina (Belluno) in quattro sessioni di lavoro suddivise in tre giornate di cui Famiglia cristiana è media partner.
Tra gli ospiti previsti anche il glaciologo Fabrizio De Blasi, ma Istituto di Scienze Polari del Consiglio Nazionale delle Ricerche (ISP-CNR), con l’intervento Se scompaiono i ghiacciai. E se l’allarme sulla riduzione dei ghiacciai è stato lanciato ormai da tempo, ora è diventata una tragica realtà dopo il disastro della Marmolada. Abbiamo sentito Fabrizio De Blasi per capirne di più sulla situazione dei ghiacciai e quali sono le prospettive future.
«Nel mondo i ghiacciai sono quelli artici, antartici, e montani, e complessivamente costituiscono il 10 % delle terre emerse. Quelli montani sono più sotto osservazione, si trovano in aree popolate, ma stanno tutti indistintamente perdendo massa, anche quelli andini e dell’Himalaya. La catena alpina è quella più in sofferenza con un tasso di perdita di volume pari all'1.5% annuo. Si calcola che a livello globale la riduzione dei ghiacciai montani è pari a una mole di ghiaccio estesa come la superficie del lago di Garda e alta mille metri. Il problema non è solo quello dell’innalzamento delle temperature media, ma quello dei picchi di calore giornalieri, perché una volta che il giaccio si fonde poi non si riforma».
In Italia i ghiacciai coprono una superficie di 370 kmq, sono tutti alpini tranne il Calderone nel Gran Sasso, a 2.600 metri, che è il ghiacciaio più a sud d’Europa, che però è stato declassato a glacionevato perché non ha più il movimento tipico dei ghiacciai veri e propri che sotto l’accumulo invernale della propria massa tendono a spostarsi verso il basso.
«Sicuramente lungo la storia della terra ci sono stati altri momenti in cui i ghiacciai sono avanzati, altri in cui si sono ritirati. Nel loro momento di massima espansione arrivavano fino a lago di Garda, mentre 8.000 anni fa erano ancora più ridotti di adesso. Ma la differenza è che questi cambiamenti avvenivano in tempi lunghissimi, migliaia di anni. Ora invece a causa dell’intervento dell’uomo sull’ambiente in 170 anni la temperatura è cresciuta di un grado.
La fusione dei ghiacciai porta con sé numerose conseguenze negative sull’ambiente: cambiamento di ecosistemi, immissione di grandi quantità di acqua dolce nel mare che rischia tra le altre cose di alterare la corrente del Golfo che mitiga il clima del nord Europa».
Le prospettive non sono rosee: nella migliore delle ipotesi entro la fine del secolo perderemo il 50% dei ghiacciai, lo scenario più catastrofico prevede invece che si perderà il 95% dei ghiacciai. «Indietro non si torna, e quello che possiamo sperare di fare è conservare quello che c’è con azioni mirate.
Non è però possibile agire direttamente sui ghiacciai, ma solo indirettamente attraverso una riduzione dell’immissione di Co2 nell’atmosfera. Sono necessarie scelte politiche innanzitutto ma anche individuali, come la riduzione del consumo di carne rossa, il cui allevamento comporta l’abbattimento delle foreste per la creazione di pascoli o colture intensive di foraggi».
In tutto questo eventi come il forum che ruolo possono avere?
«Diffondere le informazioni e farle arrivare sui tavoli politici affinché orientino le loro decisioni. Dobbiamo farci sentire e investire di più in comunicazione. Abbiamo per esempio lavorato molto con le scuole di ogni ordine e grado per formare gli studenti su questi temi. Dal versante conservativo con il progetto di salvaguardia dei ghiacciai stiamo facendo un doppio carotaggio dei ghiacciai. Un campione lo analizziamo, i ghiacciai ci dicono molto anche sulla storia climatica della terra, un altro lo archiviamo in Antartide in modo che ne resti traccia quando probabilmente tra 50 anni questi ghiacciai non ci saranno più».
Ma un disastro come quello della Marmolada si poteva evitare?
«Impossibile tenere monitorato costantemente un territorio così vasto, si può fare al massimo con una porzione pari a un campo da calcio. E purtroppo dobbiamo aspettarci altri disastri come questi».